Page 1939 - Shakespeare - Vol. 3
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da  Duncan,  Banquo,  Macduff,  Malcolm)  a  quella  dei  non-valori,  ma  senza
          perdere  la  forte  componente  di  umanità  che  gli  assicura  statura  eroica  e
          tragica.  Tutta  la  linea  maggiore  della  critica  novecentesca  ha  elaborato
          quest’interpretazione  morale,  psicologica,  razionale,  su  uno  scenario

          cristiano-provvidenziale  che  a  volte  è  storicizzato  e  immesso  in  una
          prospettiva laica.
          Impostiamo  brevemente  il  rapporto  con  la  fonte:  le Cronache  di  Scozia di
          Holinshed costellano la storia di «Makbeth» di apparizioni soprannaturali, di

          profezie di varia provenienza, che Shakespeare assegnerà tutte a una singola
          fonte. La prima profezia viene dalle «weird sisters» (sorelle del destino), e
          cioè,  spiega  il  cronista,  da  «donne  misteriose  che  erano  (per  opinione
          comune) o le dee del destino oppure ninfe o fate, dotate di sapere profetico

          grazie  alla  loro  scienza  necromantica,  perché  ogni  cosa  si  avverava  come
          avevano detto». Queste profezie hanno la natura enigmatica, equivocante e
          infallibile  degli  oracoli  classici.  Sembrano  annunciare  l’impossibile,  come
          l’oracolo ricevuto da Eracle nelle Trachinie di Sofocle, che «egli doveva morire

          per mano di un morto», in realtà per il veleno dato a Deianira dal centauro
          ucciso dall’eroe. E si tratta, direbbe Hegel, di visioni divine di un tutto che
          l’uomo  non  può  cogliere.  Holinshed  naturalmente  considera  le  profezie
          «un’illusione  del  demonio»,  proprio  come  sospettano  anche  Macbeth  e

          Banquo, e come fanno i critici. La storia riferita da Holinshed, che comunque
          fa regnare Makbeth pacificamente e da buon re per parecchi anni prima che si
          deteriori in un tiranno sospettoso e crudele, non ha nulla di problematico. È
          tutta  spiegabile  con  criteri  etico-politici  precisi,  l’ideologia  assolutistica  e

          cristiana  del  cronista  tudoriano:  è  un  esempio  di  punizione  divina  su  chi
          attenta al Re unto dal Signore.
          Shakespeare, che usa il materiale delle fonti mutandolo in espressione della
          propria visione della vita, e i cui caratteri perciò non sono mai etichettabili,

          allontana dai baroni scozzesi ogni sospetto di complicità con l’usurpatore, in
          modo  da  far  risaltare  la  solitudine,  la  coazione-responsabilità,  l’orrore  e  il
          rimorso di Macbeth e della moglie, sulla quale proietta per Milton l’ombra di
          un archetipo biblico (Eva, Lilith). Ne fa due esseri posseduti da un demone,

          l’Ate dei greci, il Maligno cristiano. Per Hegel, il togliere all’eroe la sua parte
          di giustizia indicata dalla fonte, facendo risaltare l’aspetto ripulsivo del suo
          pathos,  sarebbe  segno  del  soggettivismo  del  dramma  moderno,  e  sarebbe
          anche  dovuto  a  ragioni  esterne:  autocensura  e captatio  benevolentiae  nei

          confronti  di  Giacomo I,  che  è  spiegazione  ripresa  da  tanti  critici.  E  allora
          Hegel non trova giustificazione al fatto che l’usurpatore non progetti subito,
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