Page 2675 - Shakespeare - Vol. 2
P. 2675

AIACE

          Già, e buon domani.
                                                                                                           Esce.



              ACHILLE
               Che gli prende a tutti? Non riconoscono Achille?



              PATROCLO
               Ci passano davanti distratti. Prima s’inchinavano,

               per mandare avanti ad Achille i loro sorrisi,
               e avvicinarsi umilmente, come solevano
               strisciare di fronte ai sacri altari.



              ACHILLE
               Da quando in qua son diventato un poveraccio?
               Già, perché la grandezza, una volta sfortunata,

               si perde anche il favore degli uomini per strada.
               La propria disgrazia si legge nello sguardo degli altri
               prima di sentirsela addosso; perché gli uomini,
               come le farfalle, solo all’estate mostrano le ali incipriate;

               non c’è uomo che venga onorato per essere solo uomo,
               ma l’onore che ha è per quegli onori che stanno fuori di lui
               come la posizione, le ricchezze, il favore,
               frutti spesso del caso come del merito.

               E quando cadono, essendo soggetti agli scivoloni,
               ed essendo, l’affetto che a loro s’appoggia, scivoloso anch’esso,
               l’uno si tira dietro l’altro e tutti assieme
               muoiono nella caduta. Non è il mio caso.

               Io e la fortuna siamo amici: mi godo ancora
               in pieno tutto ciò che possedevo
               tranne gli sguardi di quelli lì, che forse
               hanno scoperto in me un qualcosa di indegno

               della stima opulenta che prima mi concedevano.
               Ecco Ulisse. Interromperò la sua lettura.
               Ulisse, alla buon’ora!



              ULISSE
                               Dunque, figlio della grande Teti!
   2670   2671   2672   2673   2674   2675   2676   2677   2678   2679   2680