Page 2580 - Shakespeare - Vol. 2
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originalità  in  una  tradizione  così  affollata,  e  che  esercitava  la  sua  forte
          sovradeterminazione  sia  sul  contesto  interno  delle  guerre  troiane  sia,
          soprattutto, sui personaggi, fissati di volta in volta nelle varianti medievali del
          mito-storia,  e  letti  di  volta  in  volta  in  modo  diverso.  Per  farli  rivivere  sulla

          scena,  è  chiaro  che  Shakespeare  deve  liberarsi  dal  rischioso  destino  di
          ripetitore,  ed  egli  lo  fa  demistificando  radicalmente  tutta  la  “materia  di
          Troia”, per inserirla nella propria visione teatrale del mondo.
          Nella  visione  tragica  dello  Shakespeare  maturo  tutto  il  mito  troiano  si

          ripresenta in una sconvolgente variante. Le singole figure, le loro motivazioni,
          il senso del loro agire, la loro responsabilità che nella tradizione cristiana era
          stata  ri-fondata  su  scelte  precise  di  una  volontà  unitaria  dell’individuo
          unitario,  giudicabile  in  termini  di  una  ideologia  e  di  un  sicuro  sistema  di

          valori,  tutto  ciò  viene  rimesso  in  questione,  e  problematizzato  secondo
          parametri  che  non  han  più  nulla  o  quasi  a  che  vedere  con  la  episteme
          tradizionale.  Per  cominciare,  nel Troilo non  riusciamo  più  a  separare
          razionalmente  la  storia  di  guerra  e  la  storia  d’amore.  Il  contesto  bellico  e

          politico  che  avvolge  quest’ultima  la  condiziona  assai  più  profondamente  di
          quanto non avvenisse nelle opere della tradizione, dove la vicenda d’amore,
          in sé autonoma e positiva, veniva diabolicamente interrotta e corrotta dallo
          sventurato  incidente  dello  scambio  dei  prigionieri.  Nella  tragedia  di

          Shakespeare non è più possibile una simile netta divisione. La contraddizione,
          la scissione degli animi contro se stessi, il principio del conflitto, l’ossimoricità
          dell’azione e della condizione umane sono presenti fin dall’inizio, la guerra è
          insieme  esterna  e  interna.  Il  tema  della  guerra  e  quello  dell’amore  sono

          inscindibili, sono consustanziali come due facce di una stessa cosa, che è il
          groviglio  inestricabile  delle  umane  vicende,  o  la  tragicità  della  condizione
          umana. Non ci sono elementi separabili razionalmente in una simile visione,
          dove tout se tient e tutto supera le capacità dell’umana ragione di distinguere

          e giudicare: tutto è proiettato contro l’ambigua ragnatela del Destino. Ciò che
          dice l’indefinibile Pandaro nella scena iniziale del dramma: «Non si risolverà
          mai questo groviglio?» (I, i, 6) può ben riferirsi assieme alla storia dei due
          ragazzi  presi  ciascuno  dell’altro  (ma  come  due  mondi  abissalmente  diversi

          gettati  l’uno  sull’altro  da  qualche  cosmica  forza  di  gravità),  e  alla  vicenda
          della guerra senza ragione né senso e senza fine prevedibile, che solo il Caso
          può chiudere con l’aiuto della cattiveria degli uomini.
          Ecco che nel dramma di Shakespeare il sesso è politica, come sa l’intelligente

          e sventurata Cressida, persona netta priva del tutto di illusioni: e la politica
          può  ben  dirsi  sessuale,  non  foss’altro  perché  è  un  irrefrenabile  e  cieco
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