Page 2582 - Shakespeare - Vol. 2
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Ma  includendo  nel  proprio  testo  proprio  i  giudizi  della  tradizione,  e  la
          coscienza da parte dei due del loro destino leggendario, Shakespeare se ne
          dissocia  e  ne  fa  un  mero  aspetto  della  sua  ostensione  drammatica,
          contrapponendo al giudizio del tempo le vive figure che egli ha reinventate. I

          suoi personaggi, in altre parole, non sono quelli di un morality play, fissi nella
          loro etichetta allegorica, ma quelli ambigui di un dramma in cui Troilo non è
          certo  un  paradigma  di  virtù  né  Cressida  un  paradigma  d’infedeltà,  anche
          contro ciò che essi stessi dichiarano. Come tutti i personaggi tragici, non sono

          ciò che affermano di essere, non hanno un’identità ben precisata e costante,
          sono  piuttosto  alla  ricerca  di  una  propria  identità,  o  di  quella  che  sentono
          come la propria tra le varie a loro attribuite.
          L’opposizione  inequivoca  dei  due  sessi  che  informa  fin  da  principio  il

          linguaggio  dei  personaggi  forma,  diciamo,  la  base  sicura  di  partenza  della
          loro  ricerca.  Essa  diventa  un  paradigma  per  altre  opposizioni:  prodezza  e
          logica  sono  qualità  maschili,  codardia  e  illogicità  doti  femminili;  una
          distribuzione  maschilista  naturalmente,  opera  di  Troilo  e  degli  altri  uomini.

          Nella  famosa  scena  ii  dell’atto V  Troilo  assiste  dal  suo  cono  d’ombra  alla
          seduzione di Cressida ad opera di Diomede, e noi partecipiamo certamente al
          suo  strazio,  ma  non  possiamo  fare  a  meno  di  notare  che  anche  lì  Troilo
          considera unicamente se stesso e giudica sulla misura di se stesso e della

          propria vanità offesa e ferita, egli non sente che le parole di Cressida che si
          aspetta e che vuole sentire, vede in lei solo la donna perversa che ha temuto
          e sospettato, come se adesso fosse lui a sentire il giudizio del futuro. Riduce
          cioè  l’ambiguità  di  Cressida  come  persona  ad  una  sola  colpa  e  ad  una

          etichetta di negatività, con una netta opposizione tra la “falsità” di lei e la
          propria  “verità”.  Di  contro  a  lui  vero,  Cressida  è  non  vera,  e  può  essere
          addirittura negata ed esorcizzata dall’accaduto. Col preferirgli Diomede, ella
          ha implicato che Troilo è intercambiabile col suo rivale, che insomma non ha

          identità. Con tanto più furore Troilo sostiene allora la propria “verità” contro
          la  “falsità”  degli  altri.  In  altre  parole,  nell’accettare  una  nuova  identità
          Cressida  ha  messo  profondamente  in  crisi  l’identità  di  Troilo.  Incapace  di
          riconoscersi  e  accettare  il  proprio  mutamento,  Troilo  nega  realtà  alla

          “Cressida  di  Diomede”  (o  confina  ambedue  i  nuovi  amanti  in  una  realtà
          inferiore e spregevole) e riasserisce la propria “verità” e in questa il possesso
          di lei, immutabile nella sua mente, parte ormai inseparabile di se stesso. È in
          qualche modo la sublimazione della vanità e dell’egoismo maschili (o umani).

          Bisogna proprio dire che, se mai ci fosse una positività in questi personaggi
          del mondo troiano di Shakespeare, essa, al contrario di come aveva fatto la
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