Page 2430 - Shakespeare - Vol. 2
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perrocché, messer Rivoletto, in questo formato di uomo, io non temo il
gigante Golia col suo troncone da tessitore, anche perché io so bene, messer
Rivoletto, che la vita l’è tutta un andirivieni di spola. 42 Io ho faccende di
prescia ora: venitemi appresso e vi dico tutto, messer Rivoletto. Dal dì che
spennavo le oche, facevo forche a le scuole e frustavo le trottole, non ho
saputo mai che fosse venir mazzolato, insino a poco tempo fa. Venitemi
appresso. Io vi dirò strane cose di questo tristo di Ford, sul quale stanotte
sarò vendicato, e la moglie sua io ve la darò in mano. Venitemi appresso. Le
strane cose s’han per le mani, messer Rivoletto! Venitemi appresso.
Escono.
Scena II EN
Entrano Page, Shallow e Slender.
PAGE
Venite, venite, staremo accucciati nel fosso del castello finché non vedremo
le luci delle nostre fate. Figliolo, ricorda, mia figlia.
SLENDER
O babbo, ci puoi contare. Ho parlato con lei, e noi dua ci abbiamo un motto
per ravvisarci l’un l’altro: io m’accosto a lei che veste di bianco e le grido così:
“zitta”; lei grida: “mosca!”; e così ci riconosciamo. 43
SHALLOW
All’anima della finezza! Ma che bisogno c’era del tuo “zitta” o del suo
“mosca”? La veste bianca già l’era definizione bastante. Son sonate le dieci
ora.
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La notte è di pece. Lumini e fantasmi le stanno a puntino. Rida il Cielo del
nostro spasso! Qui nessuno ha male intenzioni tranne che il diavolo, e quello
lo decifriamo dalle corna. Forza in marcia, seguitemi.
Escono.
Scena III EN