Page 2399 - Shakespeare - Vol. 2
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marosi, arroventato com’ero, come una scarpa di cavallo − ma pensateci un
poco − tutto rovente e fischiante − pensateci un poco, messer Rivoletto!
FORD
Monsignore, in gran serietà, sono dispiaciuto che per il bene mio abbiate
sofferto tutto codesto. Allora la mia intrapresa è davvero sfigata: voi non
volete incignarla più?
FALSTAFF
Messer Rivoletto, io mi farò versare drento l’Etna, come lo sono stato drent’al
Tamigi, prima che io la lasci così. Stamani il marito è andato ad uccellare; io
ho aùto da lei un’altra imbasciata d’abboccamento. Tra le otto e le nove,
questa è l’ora, messer Rivoletto.
FORD
Sono le otto passate, signore.
FALSTAFF
Così? M’affretto all’impegno allora. Voi venite a trovarmi quando meglio
v’aggrada, e saprete come ho spedito; e la fine sarà coronata dal vostro farlo
con lei. Adieu. Voi l’avrete, messer Rivoletto. Messer Rivoletto, voi
incornicerete il Ford.
Esce.
FORD
Dah! Ah! Sarà ch’io straveda? Sarà ch’io sogni? Sto io sonniferando? Messere
Ford, svegliati. Sveglia, messere Ford: qua ti fanno un buco nell’abito buono,
messere Ford. Ecco che cosa vuol dire avere moglie; ecco che cosa vuol dire
avere panni e cestoni! Bene, io vo’ farmi conoscere per ciò che sono. Ora
l’acchiappo io lo sporcaccione; è in casa mia; non mi può scappare; è
impossibile che mi scappi; non può minga infilarsi tra gli spiccioli d’un
borsellino, ovvero nel portapepe; però, per impedir che l’aiuti quel diavolone
che gli fa strada, io frugherò nei più improbabili posti. Quel ch’io sono non
posso evitarlo, ma l’essere ciò ch’io non vorrei non mi potrà ammansire. E s’io
ho corna da farmi pazzo, avrò dalla mia il proverbio: incornerò come un toro
pazzo.
Esce.