Page 2398 - Shakespeare - Vol. 2
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FALSTAFF

          State saldo che non è finita. Come fortuna volle, entra a un tratto una certa
          madonna Page; ci avverte dell’accostarsi di Ford; e appoi per sua trovata, e
          avendo madonna Ford perso la testa, mi trasferiscono fuori in una cesta di

          panni biechi...


              FORD

          Una cesta di panni?



              FALSTAFF
          Sì, una cesta di panni biechi! − mi ci stiparono drento tra camicie e sottane
          sudate,  calze  e  calzini  puzzolenti,  tovaglioli  bisunti  che,  messer  Rivoletto,
          v’era il miscuglio più rivoltante di fetori schifosi che mai abbia offeso narice.



              FORD
          E quanto tempo ci siete restato?



              FALSTAFF
          Ah  sentirete,  messer  Rivoletto,  che  cose  mai  ho  sofferto  per  portare  sta

          femmina al male, per il vostro bene. Mentr’ero così assettato e stivato nel
          cestone, una coppia di schiavi di Ford, sua scannapecore, viene evocata dalla
          loro  padrona  per  traslocarmi  a  mò  di  bucato  sino  a’  chiassetti  di  Datchet;

          quelli  mi  lévano  sui  gropponi,  e  sull’uscio  t’incappano  in  quel  bisonte
          forsennato del loro capoccia, che gli chiede una volta o due cosa portassero
          nel  cestone.  Io  tremmolavo  per  la  fifa  che  a  quel  caprone  lunatico  non  gli
          venisse in mente di frugarvi dentro; ma il destino, avendo fissato ch’ei fusse
          becco, gli fermò la mano. Bene, lui proseguì la sua caccia, e io me n’andai

          come roba sozza. Ma state saldo al seguito, messer Rivoletto: io ho patito i
          patemi  di  tre  morti  diverse.  Prima,  l’intollerabile  cacarella  d’essere
          smascherato da quel geloso impestato caprone col campanaccio; appresso,

          l’essere stretto come un verace stocco di Bilbao nel perimetro d’una mezzina,
          elsa a punta, tacco a cucuzza; e alfine l’esser tappato come un alcole forte
          con  pannilini  fetenti  che  fermentavano  nel  loro  grasso  −  provate  voi  a
          immaginarlo  −  un  uomo  della  mia  stazza  −  pensateci  un  momento  −  che
          patisco  il  calore  come  una  forma  di  burro,  un  omo  che  l’è  in  perenne

          dissoluzione e disgelo: è stato un vero miracolo se non son morto soffogato.
          E al colmo di questo bagno, quando l’ero più che mezzo stracotto nel grasso
          come uno stufato olandese, venire versato nel Tamigi e raffreddato in quei
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