Page 2380 - Shakespeare - Vol. 2
P. 2380

MADONNA FORD

          Vai.  −  Tu  va’  dal  padrone  e  digli  che  sono  sola.  [ Esce  Robin.]  Comare,
          ricordati l’imbeccata.



              MADONNA PAGE
          Non temere. Se non fò a puntino fischiami pure.



              MADONNA FORD
          E  allora,  via:  trattiamo  a  dovere  questo  nebbiaio  malsano,  questo  grosso

          popone d’acqua; gl’insegneremo a distinguere tortore e taccole.
                                                                                    [Esce madonna Page.]


                                                       Entra Falstaff.



              FALSTAFF
          Alfin t’ho colto, mio celestial gioiello? Orben, ch’io schiatti ormai, ho vissuto
          abbastanza: questa è la cima della scalata mia. Ah, beata quest’ora!



              MADONNA FORD
          Dolce Ser John!



              FALSTAFF

          Madonna Ford, io alloppiar non saccio, ed io non so cianciar, madonna Ford.
          Or dirotti un disìo peccaminoso: vorrei che il tuo marito schiattasse, e lo vo’
          dire innanzi al sere eccelso: io ti farei mia sposa.



              MADONNA FORD
          Io vostra sposa, Ser John? Ahimè, sarei una misera sposa.



              FALSTAFF
          Che  la  Corte  di  Francia  me  ne  mostri  l’eguale.  Io  vedo  già  il  tuo  occhio
          emulare il diamante. Tu hai il bell’arco giusto del cipiglio che s’addice a una

          chioma  a  vascello,  o  a  vela  gonfia,  od  a  qualsiasi  chioma  ch’è  di  moda  in
          Venezia.



              MADONNA FORD
          A un bel fazzolettone, cavaliere. Il mio cipiglio non s’addice ad altro, e forse
   2375   2376   2377   2378   2379   2380   2381   2382   2383   2384   2385