Page 2353 - Shakespeare - Vol. 2
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FALSTAFF
Neanche un soldo. Io ho consentito, messere, a che voi spillaste danaro sul
credito mio. Io ho rotto le balle agli amici più cari, onde cavar di galera tre
volte voi e il vostro compagno di pariglia, Nym; o altrimenti areste veduto il
sole a sbarre, come duo gemelli babuini. Io mi son meritato l’inferno
spergiurando ai gentiluomini amici miei che voi dua eravate bravi soldati e
gente di fegato. E quando la monna Brigida perse il manico del ventaglio, io
diedi parola d’onore che tu non ne sapevi nulla.
PISTOL
E non hai avuto la parte tua? Non avesti i tuoi quindici soldi?
FALSTAFF
Ragiona, trista cosa, ragiona: credi tu che io rischierei l’anima gratis? In una
parola, non penzolarmi più dattorno, ch’io non son minga il cappio che
t’impicca. Va’! − lametta in pugno e pigia pigia − al tuo maniero di
Portapizzuta, va’! 24 La lettera mia non ti va di portarla, carogna che non sei
altro? Ci tieni alla tua reputazione? Ma come, tu obbrobrio senza confini, io
stesso sudo le sette camicie per tenere l’onor mio senza macchia; io, io, io
stesso alcune fiate, lasciando a mancina il timor d’Iddio e celando l’onore
nella necessità, mi adatto a uccellare, a turlupinare, a traslare. E tu
malacarne mi vuoi camuffare i tua stracci, celare il tuo muso di
gattomammone, la tua parlata da bisca, e le tue bordate di moccoli, sotto
l’impannucciata del tuo onore! Non ti volevi sporcare le mani, eh?
PISTOL
Mi arrendo: che vorresti di più da un mortale?
[Entra Robin.]
ROBIN
Signore, c’è qui una donna che vuole parlarvi.
FALSTAFF
La s’introduca.
Entra monna Spiccia.