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del potere, con legittimazione da parte del popolo e dei suoi rappresentanti. I
due modelli hanno uno statuto radicalmente opposto, in quanto organizzano
la realtà, sul piano sia politico che cognitivo, rispettivamente lungo l’asse
verticale e lungo l’asse orizzontale.
Non solo; i due modelli riflettono anche due diverse concezioni del linguaggio
in quanto sistema modellizzante primario di una cultura: da una parte il
linguaggio motivato, dall’altra il linguaggio arbitrario. Di conseguenza, la
parola sarà, nel primo modello, una interpretazione, riservata soprattutto al
capo, del senso generale del mondo e dei suoi accadimenti; nel secondo,
essa si presenterà come distruzione di tale ermeneutica simbolica, nel nome
di un assetto sociale fondato sul potere di molti, se non del popolo tutto, e di
una visione della storia come dinamica tutta umana degli eventi, ai quali non
sarebbe più imposta una forma e una direzione da un Disegno trascendente o
provvidenziale.
Il Cosmo Simbolico si basa sempre sulla cerimonialità, che non è altro che la
manifestazione segnica del suo significato segreto e sacrale. La cerimonialità
è il mezzo di celebrazione, e di sussistenza, del potere in una civiltà
simbolica. L’attacco a tale modello dovrà allora colpire, in prima istanza, le
sue cerimonie, i suoi riti, i suoi nomi. E secondo questo tipo di attacco è
costruita, infatti, tutta la prima parte di questo dramma. Dramma che ha
inizio con il trionfo di Cesare per la sua ultima vittoria a Munda, trionfo che il
popolo intende acclamare e che i tribuni invece contrastano, consapevoli del
rischio monarchico che si sta profilando su Roma. I contrasti politici sono
subito in primo piano. Ma i tribuni non si fermano lì; passano, anzi, ad una
azione ancor più decisiva, quella di spogliare le statue di Cesare di diademi o
altri segni cerimoniali che starebbero ad indicare l’imminente e formale
assunzione di regalità da parte di Cesare.
Il quale, alla sua prima entrata in scena, ribadisce proprio quella
cerimonialità, prima a livello privato, invitando la sterile moglie Calpurnia a
mettersi sul tragitto della corsa sacra dei Lupercali in modo da poter essere
toccata dalla sferza di Antonio che vi partecipa e poter forse trovare la
fertilità, e poi a livello pubblico, chiedendo che non venga tralasciata alcuna
“cerimonia” durante quella festa.
Artefice primo della congiura repubblicana, Cassio cerca allora di persuadere
Bruto a mettersene a capo, soprattutto in quanto egli è il discendente di quel
Giunio Bruto che, cinque secoli prima, aveva cacciato da Roma l’ultimo re,
Tarquinio il Superbo.
Cassio mette in questione l’uomo Cesare, limitato, debole, non all’altezza di