Page 2012 - Shakespeare - Vol. 2
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parata del lieto fine rappresenti il messaggio di Shakespeare: inviti al matrimonio e raccomandazioni
                 di  fidarsi  ottimisticamente  della  Fortuna  come  agente  della  Provvidenza  divina,  ché  il  Bene  vince
                 sempre  e  l’uomo  è  in  profondo  buono.  La  grandezza  e  la  profondità  del  drammaturgo  (spesso
                 tanto meno capito quanto più è applaudito), si manifesta anche nel tenere il gioco fino all’ultimo, e la
                 sua astuzia geniale è un po’ come quella di Rosalinda, che riesce a sgomitolare vari fili in una sola
                 volta. L’ironia permea, a nostro avviso, tutte le conclusioni di Shakespeare, e qui il messaggio finale,
                 che per la maggior parte dei critici inglesi è matrimoniale e moralistico, a noi sembra non esistere
                 seriamente.  Cadono  i  veli  pastorali  e  Jaques  se  ne  va  con  gli  eremiti,  il  buon  Duca  non  fa  che
                 augurare  fortuna  ai  nuovi  sposi,  com’è  civile  e  umano,  e  Rosalinda  ci  prega  di  applaudire  la
                 commedia  e  basta.  Se  l’opera  si  conclude  sotto  un  qualsiasi  segno,  questo  è  quello  della
                 onnipresente Fortuna, “maitresse de la scène” (Ronsard).

              25 V, ii, 29 “Thrasonical” viene dal soldato vantone Thraso nell’Eunuco di Euripide. Abbiamo risparmiato
                 a Rosalinda un altro sfoggio di cultura.

              26 V, iv È l’ultima scena-madre di Touchstone, che esibisce la sua cultura duellistica.
              27 V, iv, 49 “the seventh cause”. Alla corte o nei suoi paraggi Touchstone ha orecchiato qualcuno dei
                 tanti  “duelling  books”,  o  codici  d’onore  inglesi,  francesi  o  italiani,  che  fissano,  magari  cercando  di
                 rendere più civile quella barbara usanza, le regole del duello, e i modi di evitarlo finché è possibile,
                 stabilendo per gradini di insufficienza o rischiosa sufficienza le “cause” che lo giustificano. Per bocca
                 di Touchstone, Shakespeare (come fa Jonson) ridicolizza i duelli d’onore, usanza in cui indulge anche
                 quello sciagurato di Amleto.

              28 V,  iv,  63-64  “dolci  vizi”.  Scrive  Quintiliano  nelle  Istituzioni  oratorie,  X,  1:  “Senecae  sententiae
                 abundant  dulcibus  vitiis”.  L’ha  indicato  T.W.  Baldwin  nel  suo  monumentale  Shakespeare’s  Small
                 Latine and Lesse Greeke, II, cap. 27. Touchstone non manca affatto di cultura.

              29 V, iv,  127  “se  il  vero  il  vero  contiene”.  Vuol  dire:  se  il  vero  non  è  solo  apparenza,  o,  se  ciò  che
                 ritenete  vero  è  veramente  il  vero.  E  sarà  una  frase  scritta  da  Rosalinda  per  il  ragazzo  che
                 impersona Imene.
              30 V, iv, 190 Abbiamo un po’ allargato un verso di Jaques, speriamo senza tradire il suo spirito. Un
                 distratto lettore italiano è avvertito che “far flanella”, dal francese “faire flanelle” significa  flâner,  se
                 promener en méditant, o secondo l’uso italiano settentrionale “stare senza far niente”.
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