Page 928 - Shakespeare - Vol. 1
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della sua fonte principale, Thomas More. Il drammaturgo condensa,
traspone, manipola liberamente 8 la cronologia e i dati della storia
nazionale fornitigli dalle fonti. Tale storia non gli appare certamente, come
la vita tutta a Macbeth, «una favola raccontata da un idiota, priva di
significato», 9 o, come alla regina Margherita, uno «spettacolo forsennato»,
«una crudele rappresentazione» (Riccardo III, IV, iv, 68-89); ma neppure
come una vicenda orientata sicuramente verso un fine provvidenziale (il
mito tudoriano nato con l’avvento al trono di Enrico VII). Gli si configura,
piuttosto, come un inestricabile tessuto di potenti passioni, uno scontro di
caratteri violenti governati dai loro impulsi.
I principi morali nella prima tetralogia storica di Shakespeare vengono per
lo più ipocritamente esibiti, ma violati nella sostanza tutte le volte che
«quel signore dalla faccia liscia, la lusinghiera convenienza / dominatrice
del mondo» invocata da Falconbridge in Re Giovanni (II, i, 573) -
l’interesse, cioè la vanità o la paura - lo richiede. Ogni delitto alla fine
trova, certo, il suo castigo, e un principio di trascendente retribuzione o
nemesi del destino finisce con l’affermarsi, forse un po’ ritualmente, nelle
vicende della storia. Leggiamo, nella parte terza dell’Enrico VI: «se anche
gli usurpatori hanno per qualche tempo il sopravvento, i cieli sono giusti e
il tempo sopprime l’iniquità»; e in Riccardo II, «il cielo interviene in questi
avvenimenti / e al suo alto volere ci inchiniamo contenti» (V, ii, 37-38).
Nella History del More è ripetutamente denunciata la «ambizione e la
brama di vanagloria e di sovranità» come causa di lutti e sventure nel
paese. 10 Ma nel Riccardo III non è lo «smodato appetito dell’onore» 11 a
dominare, bensì, come nel Macbeth, la terribilità del potere assoluto e il
contrasto fra «i volti» e «i cuori», fra l’apparenza e le intenzioni segrete dei
personaggi. E tuttavia Riccardo può apparire, al pari del Tamburlaine
marloviano 12 o del Cromwell dell’Ode Oraziana di Marvell, come un flagello
ordinato dal cielo o dall’inferno - un «Angelo con le corna» del diavolo 13 -
per punire i misfatti perpetrati dalle due illustri casate in lotta per la
supremazia nel paese. Il «forsennato spettacolo» delle guerre civili nasce
dalla follia suicida della nazione: «l’Inghilterra è stata a lungo dissennata e
ha infierito contro se stessa», conclude Richmond, personaggio
essenzialmente simbolico e corale. Egli si presenta come il «capitano di
Dio» giunto da fuorivia a liberare finalmente l’Inghilterra dal giogo del
tiranno e a restituirle la pace e l’unità, conforme al mito tudor-
lancasteriano accreditato, sia pur con dubbi e riserve, sulle orme del More,
da Shakespeare. 14
Un forte sentimento insulare d’orgoglio sciovinistico si riflette soprattutto
nella «Orazione» di Riccardo alle sue truppe alla vigilia della battaglia di
Bosworth, rammemorante le storiche vittorie inglesi sulla Francia. Come
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