Page 704 - Shakespeare - Vol. 1
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Scena VI EN
Suona alto l’allarme. Entra Clifford ferito [con il collo trafitto da una
freccia].
CLIFFORD
Qui si consuma, sì, qui muore la mia candela,
che mentre durava ha illuminato Re Enrico.
Lancaster, temo la tua sconfitta
più della partenza della mia anima dal corpo!
Amore e timore di me ti strinsero attorno molti amici;
ora che cado, questa forte miscela si dissolve,
menomando Enrico, rafforzando l’altezzoso York.
La gente comune sciama come mosche estive,
e dove volano i moscerini se non verso il sole?
E chi risplende ora se non i nemici di Enrico?
O Febo, se tu non avessi acconsentito
a dare a Fetonte la guida dei tuoi focosi destrieri,
il tuo carro in fiamme non avrebbe mai riarso la terra!
E tu, Enrico, se avessi governato come un re,
o come fecero tuo padre e il padre suo,
senza concedere spazio alla casata York,
essi non si sarebbero diffusi come le mosche estive,
io e altri diecimila in questo regno infausto
non avremmo lasciato vedove a gemere per la nostra morte,
e tu oggi avresti conservato il tuo seggio in pace.
Cosa alimenta le erbacce se non la lieve brezza,
e cosa rende audaci i rapinatori se non l’eccesso di clemenza?
Inutili sono le lamentele e incurabili le mie ferite.
Non c’è modo di fuggire né forza per tentare la fuga;
il nemico è implacabile e non avrà alcuna pietà,
perché dalle loro mani non ho meritato alcuna pietà.
L’aria si è insinuata nelle mie ferite mortali
e tutto il sangue che ne sgorga mi infiacchisce.
Venite, York e Riccardo, Warwick e ogni altro oppositore:
pugnalai il petto dei vostri padri; squarciatemi il cuore.
[Si accascia al suolo.] Suonano l’allarme e la ritirata. Entrano Edoardo
[ora Duca di York], Warwick, Riccardo, con i loro soldati, Montague [e
Giorgio].