Page 2982 - Shakespeare - Vol. 1
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Shakespeare apporta alle fonti: la condensazione temporale. Trasformando
una vicenda che durava nove mesi in sole cinque giornate (dalla domenica
mattina di luglio in cui ci affacciamo sulle strade di Verona alla notte del
giovedì, in cui tutti i personaggi convergono successivamente nella cripta
funeraria), Shakespeare spazza via ogni indugio psicologico, e con buona
pazienza delle varie letture che vogliono vedere nel play un coming of age
secondo il titolo del principale studio in questa direzione, occorrerà subito
dire che il dramma non è la storia di una maturazione, ma la storia
dell’impossibilità d’una maturazione: che il primo rito di passaggio, quello
dell’individuazione, già comporti la perdita e non l’acquisto di un nome, la
dice lunga sul processo in corso, che coniugando nozze con uccisione, e
quindi il sesso con la morte, racconta appunto una durata nel tempo che si
affida a reificanti e reificate statue d’oro anziché alla procreazione.
E giunti a questo punto converrà procedere al successivo passaggio
obbligato, dopo quelli delle date, del testo e delle fonti, e cioè alle varie
letture critiche, che si possono suddividere, in schema, secondo tre
direttrici. La prima è costituita da quei critici che nella loro analisi
dell’opera mirano a rinvenirne la chiave interpretativa individuando, per
così dire, i «responsabili della tragedia»: e qui le linee si dividono,
naturalmente, tra il côté più regressivo, che sposta la tragedia indietro
verso le sue fonti, cancellandone il portato essenziale, quello dell’innocenza
dei suoi protagonisti, e il versante più medioevaleggiante, che punta tutto
sulla «tragedy of Fortune».
Per i primi, cioè, «le cause della tragedia hanno origine in quegli stessi che
ne soffrono le conseguenze», la cui «colpa pericolosa consiste...
nell’estrema avventatezza» (M. Garber). Secondo questa lettura Romeo e
Giulietta rientrerebbe nella categoria dei morality plays, dipingendoci il
destino di morte in cui incorrerebbero coloro che, per dirla con frase
odierna e altrettanto moralizzatrice, vogliono tutto e subito. All’opposto,
l’altro versante punta tutto sul determinismo metafisico, e, per dirla con il
suo più autorevole rappresentante, Romeo e Giulietta sono le «marionette
delle stelle e dei pianeti, dei giorni e delle ore del giorno» (J.W. Draper).
Infine, non manca chi sottraendosi alle due scelte precedenti, punta invece
il suo dito su Verona e sulla sua corrotta società:
L’intera forza della tragedia è nella messa in questione della legittimità di un mondo la cui legge
priva uomini e donne di un amore senza vincoli con la stessa forza con cui priva i poveri del diritto
alla ricchezza... La tragedia ci costringe a guardare senza illusioni gli spaventosi costi, in termini di
possibile felicità umana, delle restrizioni materiali e costrizioni ideologiche che sono alla base della
rovina degli innamorati... (K. Ryan).
Tra queste versioni estreme e irriconciliabili tra loro, ci sono naturalmente

