Page 2980 - Shakespeare - Vol. 1
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uomini della compagnia del Lord Ciambellano, ma su brutte copie o
scartafacci di Shakespeare stesso, rappresentanti solo un momento del
work in progress, sì che accade si abbiano anche più versioni di una stessa
battuta e che le indicazioni dei personaggi non siano molto costanti: Donna
Capuleti, per esempio, è indicata come Capu.Wi. ; Ca.Wi; Wife; Wi. ; Old
La.; La.; Mo.; M.; e così tutti gli altri personaggi sino al Frate, che riceve il
suo nome solo là dove compare in scena un secondo Frate (V, ii) e diventa
quindi necessaria una differenziazione.
Tutte le edizioni successive, quella del 1609 (Q3), quella del 1622 (Q4),
che è la prima a portare sul frontespizio il nome di Shakespeare, e quella
dell’in-folio del 1623 non sono altro che copie di copie (Q3 e Q4 sono copia
di Q2 e introducono nuovi errori; l’in-folio è una copia di Q3). Siamo quindi,
per quello che riguarda il testo, nella situazione della barzelletta del nano
più alto e del gigante più basso: Q1 è il miglior “cattivo in-quarto” e Q2 è il
peggior “buono in-quarto” con la differenza che, rispetto a quasi tutto il
restante canone shakespeariano, l’edizione in-folio del 1623 non ha alcuna
autorità. Gli studi in materia, comunque, hanno creato comune concordia
sul fatto che tutte le edizioni moderne si basino su Q2 integrandolo, nei
punti dubbi o particolarmente scorretti, e anche nelle indicazioni dei
movimenti di scena, su Q1.
Per quanto attiene alla storia, sebbene siano ormai lunghissime e
documentatissime le peregrinazioni del plot dei due amanti (dal Dante di
Purgatorio VI, 106, che inaugura i nomi delle due famiglie in lotta, alla
novella XXXIII de Il Novellino (1467) di Masuccio Salernitano, dalla Historia
novellamente ritrovata di due nobili amanti... (1530) di Luigi da Porto alle
riduzioni drammatiche quali il Giulia e Romeo (1553) di Clizia e la Hadriana
(1578) di Luigi Groto, dalla novella IX delle Novelle (parte seconda, 1554)
di Matteo Bandello sino alla sua traduzione in francese da parte di Pierre
Boiastuau (1559), che viene a sua volta tradotto in inglese sia in prosa, nel
Palace of Pleasure (1567) di William Painter, sia in versi, con The Tragicall
Historye of Romeus and Juliet (1562) di Arthur Brooke, è ormai accertato
che Shakespeare, a differenza del vasto pubblico inglese che invece
decretò un grandissimo successo al Painter, attinse direttamente solo dal
lungo (3020 alessandrini in distici rimati) poema drammatico del Brooke,
che anzi tenne costantemente sottomano durante la composizione, come
provano i numerosi e puntuali riscontri tra i due testi.
Ma dopo aver notato che il materiale da cui prende le mosse Shakespeare
è il condensato dì vari topoi narrativi comunissimi nella tradizione
novellistica antica e medievale, occorre anche dire che la ricodifica che
Shakespeare ce ne ripropone ne stravolge completamente il senso e la
valenza ideologica, pur sussumendone tutti i materiali. E di fatto non è sul

