Page 2729 - Shakespeare - Vol. 1
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consiglieri, e succube di adulatori corrotti: la negazione del buon principe
rinascimentale. La seconda fase - assente il Re dalla scena - mostra (o
meglio, racconta) l’estendersi rapido e irresistibile della sedizione, e
l’impotenza delle forze lealiste. Gli eventi precipitano perché nessuna forza
morale, politica o militare è in grado di opporvisi; e lo spettatore prende
coscienza dell’inevitabilità del dramma che si sta consumando. La terza
fase comincia con lo sbarco del Re sulla costa gallese, che porta al centro
dell’azione non già una dialettica di forze contrapposte, ma la persona di
Riccardo e le sue alterne reazioni di speranza e sconforto che chiaramente
rivelano che il Re non ha scampo. Inevitabile, dopo l’incontro con
Bolingbroke sotto le mura di Flint (cerniera dell’intero dramma), che egli si
privi, virtualmente da solo, di ogni attributo regale, che il suo rivale
subentri nel vuoto di potere, che la sacralità stessa della corona venga
distrutta in modo irreversibile. Altrettanto inevitabile - lo esige la ragion di
Stato - la morte del re deposto. La terza fase è la storia del calvario, della
“passione e morte” di una vittima predestinata.
Riccardo II è un’opera singolarmente avvincente e ricca di tensione e
suspense, nonostante possa legittimamente definirsi come il dramma della
non-azione: dove la tensione non si scarica mai nell’agire. La contesa
iniziale fra Bolingbroke e Mowbray, col suo crescendo di minacciose
invettive, si risolve in un nulla di fatto, vanificata da un inatteso rinvio. Alla
lizza di Coventry, nella scintillante cornice del cerimoniale araldico, tutto è
pronto per la mortale tenzone: ma al momento di por mano alle armi lo
scontro è sospeso senza vinti né vincitori, senza che emergano il torto o la
ragione di ognuno. Gaunt e la Duchessa di Gloucester vorrebbero vendicare
il loro congiunto, ma non se ne fa nulla. A ribellione iniziata, ci si chiede se
le forze lealiste costituiranno una linea di difesa: ma questa linea non c’è.
Sentiamo parlare di castelli isolati, in posti fuori mano - Flint, Berkeley,
Harlech - alle cui mura i ribelli arrivano, a quanto sembra, senza colpo
ferire. Una forte armata gallese attende lo sbarco del sovrano ma, al
ritardo di questi, si dissolve come nebbia al sole: un’altra non-azione. Sulle
campagne irlandesi di Riccardo, non una parola. Quand’egli, reduce da sì
fantomatiche campagne, si decide a sbarcare, affida la controffensiva alle
serpi e ai rospi, ai rovi e alle ortiche, o addirittura agli angeli del cielo:
segno evidente che non potrà aver luogo. Il Duca di York, investito dai
ribelli, offre loro ristoro e riparo nel suo fortilizio. Bolingbroke, sotto le
mura di Flint, preannunzia uno scontro epico: ha luogo invece un incontro,
alquanto cerimonioso, e qui Riccardo brucia ogni nostra aspettativa con
una fuga in avanti: basta la sola presenza fisica del rivale perché lui ceda
assai di più di quanto gli viene richiesto. Cadono le teste di favoriti e
cospiratori: ma sempre fuori di scena. Al Parlamento di Westminster i nobili

