Page 2728 - Shakespeare - Vol. 1
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In Parlamento si torna a parlare dell’assassinio di Gloucester, e i nobili
implicati si sfidano a vicenda, riportandoci al clima della scena iniziale del
dramma. York annuncia la spontanea abdicazione del Re, e il Vescovo di
Carlisle pronuncia un coraggioso anatema, in nome del diritto divino dei re,
profetizzando all’Inghilterra un futuro senza pace. Riccardo, con sublime
retorica e ritualistico fervore, pronuncia l’atto di abdicazione, ma rifiuta di
dichiararsi colpevole. Si fa invece portare uno specchio e, non tollerando la
vista della propria immagine di uomo privo di un titolo che per lui era tutto,
lo manda in frantumi. Lo portano alla Torre, e in scena restano Carlisle,
Aumerle (figlio di York) e l’Abate di Westminster, già pronti a cospirare
contro il nuovo ordine (IV, i).
Sulla via della Torre Riccardo incontra la Regina, che gli rimprovera la sua
passività e vorrebbe seguirlo nel suo calvario. Non le viene concesso: il Re
deposto è incarcerato nel nord del paese (V, i). Il Duca di York descrive alla
Duchessa il corteo dell’incoronazione, col trionfo di Bolingbroke e il
disprezzo della folla per un Riccardo rassegnato e dolente. I due scoprono
che Aumerle è complice della nuova congiura. York, invano trattenuto dalla
consorte, corre a Palazzo a denunciare il figlio (V, ii). Aumerle lo precede, e
si getta ai piedi del nuovo sovrano. Lo stesso fa la Duchessa, che ottiene il
perdono, in barba all’intransigenza di York. Usciti i protagonisti di tale
scena tragicomica, compare Exton: Bolingbroke cerca invano un amico che
lo liberi da «quest’incubo vivente», Riccardo. Sarà lui, Exton, quest’amico
(V, iii). A Riccardo, solo nel cupo castello di Pomfret, non resta che
meditare su se stesso: «Ho fatto un pessimo uso del tempo, e il tempo fa
pessimo uso di me». Unica voce amica, un umile staffiere, che gli ricorda il
suo cavallo Berbero, oggi orgoglioso di portare in groppa l’usurpatore.
All’entrata di Exton, con i sicari, Riccardo combatte strenuamente ma viene
ucciso: e già Exton ne prova rimorso (V, iv). Bolingbroke, ora Re Enrico IV,
denuncia la congiura appena scoperta. Cadon le teste dei cospiratori (ma il
nobile vescovo di Carlisle si conquista il perdono). Poi arriva Exton con “la
fine dell’incubo”: la bara con il corpo senza vita di Riccardo. Bolingbroke lo
rinnega, quale novello Caino («Non ama il veleno chi fa ricorso al veleno»).
Quanto a lui, ad espiazione di tanta colpa, andrà pellegrino in Terrasanta
(V, v).
Questa la trama, nelle sue articolazioni. In essa possiamo distinguere tre
fasi distinte. La prima ci mostra Riccardo nelle sue funzioni di sovrano.
Costretto a confrontarsi con colpe ed errori del passato, egli dapprima
recita con apparente autorità la parte del re al di sopra delle parti; ma il
colloquio tra Gaunt e la vedova di Gloucester getta su di lui una luce
sinistra, ed egli stesso rivela ben presto la natura arbitraria e
irresponsabile del suo governo. Un monarca sordo alle istanze dei saggi
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