Page 2727 - Shakespeare - Vol. 1
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di bandire dal regno entrambi i contendenti (I, iii). Egli teme la popolarità
di Bolingbroke, e lo confessa ai suoi favoriti: ai quali, partendo per la
ribelle Irlanda, dà carta bianca per nuove arbitrarie esazioni. Le casse dello
Stato sono vuote: anche per questo, alla notizia che Gaunt sta morendo,
egli esulta al pensiero delle ricchezze su cui potrà metter le mani (I, iv).
Gaunt, col fratello York, deplora l’insipienza del giovane sovrano, e si lancia
in una memorabile evocazione dell’Inghilterra, eletta fra le nazioni, e oggi
Eden perduto, «ignobilmente ridotta ad asservire se stessa». Poi osa
rinfacciare al Re le sue malefatte, nonché il ruolo avuto nella morte di
Gloucester. Il Re ribatte con insolenza al gran vecchio morente e, appena
spirato costui, ne confisca i beni seduta stante, invano dissuaso dal Duca di
York. Il Re è già in Irlanda quando arriva la notizia dell’imminente sbarco
dell’esiliato, diseredato Bolingbroke: Northumberland, con altri nobili,
aderisce alla ribellione (II, i). La Regina confida ai favoriti del Re le sue
ansietà senza nome, che trovano presto conferma in una sequela di cattive
notizie. I fedeli del Re cercan rifugio a Bristol; York, messo a fare il
Reggente, è profondamente diviso fra la lealtà al sovrano e il suo senso di
giustizia (II, ii). La lunga marcia di Bolingbroke, a cui si sono uniti i potenti
signori del Nord, ha termine sotto le mura del castello di Berkeley,
presidiato da York che, pur dichiarandosi neutrale, dà via libera ai ribelli:
né può fare altrimenti (II, iii). Un capitano gallese riferisce di sinistre
profezie e presagi di morte: e intanto i suoi uomini, il nerbo delle forze
fedeli, si sono sbandati. Il sole di Riccardo «tramonta in lacrime in un
plumbeo occidente» (II, iv).
Bolingbroke consegna al carnefice i più compromessi fra i caterpillars of the
commonwealth (i predatori della cosa pubblica: III, i). Riccardo torna in
patria, commosso sino alle lacrime, sicuro che la madre terra, con ogni
creatura vivente, dai rospi alle serpi, sbarrerà la strada ai ribelli; e
proclama alta la propria invulnerabilità di unto del Signore e vicario di Dio.
Ma alla notizia delle defezioni ed esecuzioni le sue certezze vacillano, e
non gli resta che lanciarsi in una toccante allocuzione sulla caducità del
potere e il carattere effimero della sovranità. Quando poi apprende che lo
stesso York marcia con Bolingbroke, getta la spugna e va a rintanarsi nel
castello di Flint (III, ii). Qui lo raggiunge Bolingbroke, pronto a
sottomettersi, ma a patto di una revoca del bando e dell’iniqua confisca.
Riccardo minaccia, tentenna, fantastica, s’immagina pellegrino ramingo,
vagheggia di sciogliersi in pianto, poi docilmente si mette in mano al
vincitore (III, iii). Anche la Regina si crogiola nel suo dolore, invano
confortata dalle sue ancelle, e meno che mai dal Giardiniere del Palazzo e
dal suo braccio destro, che paragonano il regno a un giardino invaso dalle
malerbe, e le dan la notizia dell’avvenuta resa del Re (III, iv).
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