Page 2559 - Shakespeare - Vol. 1
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alludere alla simpatia d’Ippolita per me
quando sai che ben conosco la tua passione per Teseo?
Non fosti tu a condurlo, nel chiarore della notte,
lungi da Perigune, poi che l’avea violata?
Non l’inducesti tu a mancar di fede
ad Egle bella, ad Arianna, ad Antiòpe? 27
T IT ANIA
Queste son fantasie d’una mente gelosa!
Fin dall’inizio di questa piena estate,
mai ci adunammo su colli e vallette,
nelle foreste e sugli ameni prati,
presso fonti ghiaiose o rivuli giuncosi
o bianca costa marina,
a danzare in cerchio al fischiettio del vento,
che non giungessi tu, coi tuoi schiamazzi,
a disturbare i nostri svaghi.
E i venti, stanchi di zufolare invan per noi,
per vendetta succhiarono dal mare
mefitici vapori, che rovesciandosi poi sopra la terra
han gonfiato ogni modesto rivo di cotanto orgoglio
da romper gli argini ed inondare i campi.
Così che il bove tira il giogo invano,
il contadino spreca il suo sudore, e il verde germoglio del granturco
marcisce prima che alla sua gioventù cresca la barba.
Gli ovili ora son vuoti nei campi melmosi,
i corvi s’ingrassan con le carogne degli armenti,
lo spiazzo dei nostri giochi è pien di fango,
e gli ingegnosi tracciati, ora in disuso,
son cancellati dall’erbe rigogliose. 28 Ai miseri mortali
son negate le gioie dell’inverno, e mancano,
ad allietar le notti, inni e carole. 29
Onde la luna, che governa i flutti,
pallente d’ira tutta l’aria inzuppa,
e di reumi s’ammalano le genti.
E per tali intemperie son le quattro stagioni
sovvertite, i canuti geli
calan nel giovane grembo della rosa cremisi,
e sulla gelida zucca spelacchiata del vegliardo Inverno
posa - come per scherno - un olezzante
serto di soavi bocci estivi.

