Page 2557 - Shakespeare - Vol. 1
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Mai refurtiva fu per lei più dolce,
 ed Oberon, geloso, lo vorrebbe
 come scudiere per cacciar le fiere.
 Ma ella a forza trattiene il giovinetto,
 l’inghirlanda di fiori, e ogni diletto in lui ripone.
 Ed ora non più in boschetti, né sui prati,
 non più alle limpide fontane,
 né al lume imbrillantato delle stelle,
 s’incontrano quei due senza litigi.
 Così che i loro elfi spaventati
 s’infilan nel cappuccio delle ghiande,
 e dentro vi restano intanati.

FAT A

 O non ravviso bene la tua forma, e il tuo sembiante,
 o tu sei quel maligno demone beffardo
 che ha nome Robertino Buonalana. Non sei tu forse
 colui che ai villaggi
 spaventa le ragazze; che screma il latte
 e a volte frucchia nella zangola del burro
 e la massaia invano s’affanna a rimestare;
 e talora la birra non lascia lievitare,
 e di notte fuorvia i pellegrini
 ridendo della lor disavventura?
 E se invece qualcuno ti chiama “follettino”,
 e “caro Robertino”, i suoi lavori ti addossi
 e gli porti fortuna. Non sei tu quello?

DEMONE

 Hai proprio indovinato.
 Son io quel mattacchione che va in giro di notte.
 Di Oberon, mio re, sono il buffone.
 E lui sorride quando inganno lo stallone,
 ben satollo di fave
 col nitrito d’una bella puledrina.
 Qualche volta mi rannicchio
 nel boccale d’una vecchia ciancerona, sotto forma
 di mela selvatica arrostita,
 e quando beve, le salto sulle labbra
 e giù sgorga la birra lungo la gorgia vizza.
 La vecchia zitella saccentona cui piace
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