Page 2321 - Shakespeare - Vol. 1
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ATTO V 39 EN

              Scena I 40 EN

Entrano Oloferne, Don Natalino e Intronato.

     OLOFERNE

Satis quod sufficit. 41

     DON NATALINO

Io ringrazio Iddio che a noi v’ha dato, maestro. I vostri ragionamenti a
colazione sono stati aguti e sentenziosi, piacevoli senza scurrilità, spiritosi
senza affettazione, audaci senz’impudenza, colti senza spocchia alcuna, e
nuovi senz’eresia. Ho conversato sto quondam dì con un compagno del Re,
ch’è intitolato, vocato ovver chiamato Don Adriano de Armado.

     OLOFERNE

Novi hominem tanquam te. Il suo umore è altezzoso, il suo parlar
perentorio, la sua lingua levigata, il suo oculo ambizioso, il suo passo
maestoso, e tutto il suo fare vanitoso, ridicolo e da vantone. Un tipo troppo
schizzinoso, troppo eccentrico, troppo prezioso, troppo spocchioso o come
può dirsi, troppo imperegrinato, se così posso dire.

     DON NATALINO

Epiteto ben eletto e più che mai singolare.

                                             Tira fuori il suo calepino.

     OLOFERNE

Ei mi dipana il filo della sua verbosità più fine che la matassa del suo
argomento. Io aborro questi fanatici stravaganti, questi compagni
insocievoli e pedantesco-precisi, questi martoriatori d’ortografia, che ti
dicono “dubio” cum una sola b, quando dovrebboro dire “dubbio”, “debbito”
quando dovrebbero pronunciare “debito” - d,e,b,i,t,o, e non d,e,b,b,i,t,o.
Un vitellino ei te lo voca “vittelino”, mezzo “mezo”, un vicino vocatur “v-
cino”, e nitrire l’abbrevia “nire”. Ora questo l’è abominabile, che lui
sfiaterebbe “abbominevole”. E ciò insinua in me l’insania. Ne intelligis,
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