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per quella degna mano che hai mandato all’imperatore. Esce.
Ecco le teste dei tuoi due nobili figli,
ed ecco la tua mano, restituita per tuo scorno:
la tua angoscia loro spasso, la tua fermezza loro derisione;
ho dolore a pensare ai tuoi dolori
più che al ricordo della morte di mio padre.
MARCO
Ora il bollente Etna si raffreddi in Sicilia
e sia il mio cuore un inferno di fuoco eterno! 145
Queste sventure sono più di quanto si possa sopportare.
Piangere con chi piange conforta un poco,
ma il dolore deriso è doppia morte.
LUCIO
Come può questa vista ferire così a fondo,
senza che l’odiosa vita se ne fugga?
Come può la morte far conservare alla vita il suo 146 nome,
quando la vita non ha più altro interesse che il respiro?
MARCO
Ahimè, povero cuore, quel bacio 147 non dà conforto,
è come acqua ghiacciata su un serpente intirizzito. 148
TITO
Quando avrà fine questo pauroso sonno?
MARCO
Addio, ora, lusinga: muori, Andronico;
tu non dormi: vedi le teste dei tuoi due figli,
la tua mano guerriera, e, qui, tua figlia macellata;
il tuo altro figlio esiliato, da questa atroce 149 vista
fatto pallido e smorto; e tuo fratello, io,
come un’immagine di pietra, freddo e inerte.
Ah, ora non darò più freno alle tue pene.
Strappati 150 i capelli d’argento, l’altra tua mano
mordila coi denti; e questa orribile vista
chiuda per sempre i nostri occhi sciagurati.
Ora è tempo di far tempesta; perché te ne stai immobile?