Page 1989 - Shakespeare - Vol. 1
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Brooke. La descrizione che Proteo fa di Silvia genuflessa e piangente fa molto pensare a una
    composizione pittorica: quasi a confermare che egli vede il mondo in funzione degli elementi
    esterni della realtà.

45 III, i, 265 Allusione al supplizio consistente nello squartare la vittima, legata a due pariglie di
    cavalli spinte in opposte direzioni.

46 III, i, 268 Si equivoca su maid (‘servente’ nonché ‘vergine’). Le «comari» (gossips) son quelle
    presenti a un battesimo, o in visita rituale alle puerpere.

47 III, i, 278 Lanciotto fraintende il rispetto derisorio di your mastership (‘vostra mastreria’, da
    master, ‘mastro’ o ‘padrone’) per master’s ship (la ‘nave del vostro padrone’).

48 III, i, 292 San Nicola è patrono di dotti e studiosi.

49 III, i, 298 sgg. Bisticcio fondato sull’omofonia fra sew (‘cucire’) e so (‘così’), a sua volta
    omofono di sow (‘seminare’). Possibile un’allusione alla fertilità della donna. Il bisticcio successivo
    è anche più intraducibile: stock può significare ‘calza’, ‘dote’, ‘ceppo familiare’ e ‘testone’; mentre
    to knit (‘lavorare a maglia’) sta anche per ‘concepire’. Quindi to knit him a stock può voler dire
    ‘fargli la calza’, ‘dargli un erede’, ‘concepire una genìa di zucconi’.

50 III, i, 342 L’espressione trae origine dal detto misogino long hair, short wit («lungo il capello,
    scarso il cervello»). Shakespeare ne ha già fatto uso nella Commedia degli errori (II, ii): «Ma
    come, se tanti uomini han più capelli che idee!». L’intero fuoco di fila di facezie, tirate - è il caso
    di dirlo - per i capelli, ha un suo preciso parallelo proprio nella Commedia degli errori (III, ii),
    dove Dromio di Siracusa descrive al padrone la sguattera Luce; ed entrambe le scene sembrano
    ispirate dal Midas del Lyly (1588-1589), dove i due paggi Licio e Petulus dibattono pregi e difetti
    di una donna in modo altrettanto faceto.

51 III, ii, 78-81 Orfeo è continuamente evocato dagli elisabettiani, personificando il potere della lirica
    (e quindi dei poeti) di rasserenare il Creato e riportare la pace tra gli esseri viventi. Le alate
    parole di Proteo inducono, ovviamente, al sorriso e sanno di parodia - considerato anche a chi
    sono rivolte.

52 IV, i, 28 È la stessa situazione in cui incapperà Romeo, che uccide Tebaldo dopo averlo sfidato a
    viso aperto.

53 IV, i, 35 Si allude alla rubiconda figura di Friar Tuck, il più benvoluto fra i seguaci del leggendario
    difensore dei deboli e degli oppressi. Il popolarissimo eroe della foresta di Sherwood è tuttora
    protagonista di drammi: la scena coeva registra una duplice opera di Munday e Chettle sulla
    Caduta e sulla Morte di Robert, Conte di Huntingdon (stampata nel 1598) che attribuisce nobili
    origini al ribelle delle antiche ballate.

54 IV, i, 76 In un dramma di Thomas Heywood, I quattro apprendisti londinesi (The Four Prentices
    of London, pubblicato nel 1615), uno dei quattro protagonisti, Charles, uccide il capo di una
    banda di masnadieri e viene da questi eletto a suo successore. Charles li ammonisce a rispettare
    le donne e a risparmiare i poveri e gli onesti, riportandoli infine alle buone regole del consorzio
    civile. Anche costoro sono gentiluomini declassati, banditi per «reati minori», né mancano nella
    selva di Heywood due nobili dame, una delle quali in costume da paggio.

55 IV, ii, 26 «un po’ condriaco» sta per ‘ipocondriaco’: l’Oste ha allycholy per melancholy - parola
    “culta” in età elisabettiana, e dalla grafia instabile.

56 IV, ii, 52 Una serenata c’è anche ne La Diana: accompagnato da arpa e dulcimera Felice intona
    prima una romanza e poi un sonetto. Qui abbiamo l’ironia di una tenue lirica affidata al canto di
    un personaggio indegno: avverrà anche in Cimbelino, con la non meno delicata Hark, hark! The
    Lark at heaven’s gate sings (II, iii) che l’insincero Cloten dedica alla soave Imogene. Who is
    Silvia? - qui presentata nella versione del Carcano (cfr. nota 40) - è fra le più fortunate tra le
    canzoni di Shakespeare: musicata da una cinquantina di compositori di ogni età, inglesi e no, il più
    famoso dei quali è Franz Schubert. La scena della serenata pone qualche problema alle regie
    moderne: problemi ignorati dagli elisabettiani grazie alla versatilità delle loro strutture teatrali
    (quelle strutture che si è voluto recuperare in teatri quali The Swan di Stratford-on-Avon).
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