Page 1801 - Shakespeare - Vol. 1
P. 1801

[Entra Pantino]

PANT INO

 Ser Proteo, vi stanno aspettando.

PROT EO

                Vengo subito, andate!
 Ahimè, il congedo ci rende muti, a noi poveri amanti.

                                                        Escono.

                                   Scena III EN

                         Entra Lanciotto [col suo cane Cànchero].

     LANCIOT T O

Ma sì, mi ci vorrà un’ora buona, per smetterla di piangere - tutta la razza
dei Lanciotti ha questo difettaccio. Io ne ho ereditato la mia parte, come il
figliol prodigio, e ora sto per accompagnare Ser Proteo alla corte imperiale.
Credo che il mio Cànchero sia il cane più carogna di questo mondo. Mia
madre giù a piangere, mio padre a far lagne, mia sorella a frignare, la
fantesca a ululare, la gatta a contorcersi, e tutta la casa nella più gran
fermentazione, e con tutto questo ’sto cagnaccio crudele manco una
lacrima ha versato! È un cuore di selce, un sasso nato e sputato,
assolutamente spietato: che gran figlio di cane! Pure un ebreo avrebbe
pianto, nel vederci partire. 24 Diavolo, persino mia nonna - che già era
cieca, notate bene - si è fatta accecare dalle lacrime alla mia partenza.
Insomma, adesso vi faccio vedere. Diciamo che questa scarpa è mio padre.
Anzi, quest’altra, la sinistra, è mio padre. No, no, la scarpa sinistra è mia
madre. No, manco questo va bene. Ma sì, è così, proprio così: la più
scalcagnata. 25 Questa scarpa, col suo bravo buco, è mia madre,
quest’altra mio padre. Accidenti a loro, stavolta ci siamo. Ora, signori,
questa bacchetta è mia sorella: difatti - notate bene - è bianca come un
giglio e secca come uno stecco. Questo cappello è Annetta, la serva, e io
sono il cane. Voglio dire, il cane è lui, e io sono il cane. Che dico? Il cane
sono me, e io sono me stesso. Sì, certo, è così. A questo punto io vado da
mio padre: “Beneditemi, padre”. E la scarpa non riesce a spiccicar parola, e
giù a piangere. A questo punto dovrei baciarlo, mio padre: e lui, dàlli a
piangere. Allora mi rivolgo a mia madre. Se solo potesse parlare come lei,
la vecchia ciabatta! Fa lo stesso: io la bacio. Ecco, ci siamo, tale e quale
mia madre: la riconosco all’odore. E ora tocca a mia sorella: sentitela, che
   1796   1797   1798   1799   1800   1801   1802   1803   1804   1805   1806