Page 1745 - Shakespeare - Vol. 1
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(I, i) Valentino rimprovera a Proteo di dissipare la sua giovinezza,
restandosene nella casa paterna per non allontanarsi da Giulia; e irridendo
alla follia d’amore s’imbarca per Milano a completare la sua educazione alla
corte del Duca. Proteo chiede conto e ragione al paggio Svelto di una
missiva da lui inviata all’amata. (I, ii) Giulia s’interroga con la fida Lucetta
su pregi e difetti dei suoi pretendenti; e ricompone amorosamente la
missiva di Proteo, dapprima fatta a pezzi, dimostrando così di ricambiare il
suo affetto. (I, iii) Passano i mesi, e il padre di Proteo dibatte col saggio
Pantino il problema del figlio, che «mai potrà dirsi uomo completo / senza
lo studio e l’esperienza delle vie del mondo». Il figlio recalcitrante è inviato
alla corte dove l’amico si sta facendo onore.
(II, i) La scena si sposta a Milano. Qui Valentino s’è acceso d’amore per
Silvia (la figlia del Duca). Svelto irride ai sintomi del suo mal d’amore,
identici a quelli che lui deprecava in Proteo. Silvia commissiona a Valentino
una missiva amorosa destinata a un innominato amante. Vuol fargli capire
che contraccambia i suoi sentimenti, ma Valentino non ci arriva da solo.
Per fortuna c’è Svelto. (II, ii) Proteo, in partenza, si congeda da Giulia,
muta e piangente. I due si scambian gli anelli, pegno di fedeltà. (II, iii) Si
scioglie in lacrime anche il servo Lanciotto, in una comica evocazione del
commiato dai suoi, e recrimina coll’inseparabile cane Cànchero, indifferente
al piagnisteo generale. (II, iv) A Milano, intanto, duello verbale tra
Valentino e Turione, che il Duca vorrebbe sposo di Silvia. Arriva Proteo,
descritto dall’amico come il più perfetto dei gentiluomini, e subito si mette
al servizio di Silvia. Valentino gli confessa di esser soggetto anche lui a
tirannia d’amore, e tocca ora a Proteo fare la parte dello scettico. I due
fanno a gara nel proclamare la perfezione ciascuno della sua donna: e
tanto parla Valentino che l’altro s’accende d’amore per Silvia, ed è pronto a
tradire e Giulia e l’amico. (II, v) Svelto e Lanciotto discutono dei rispettivi
padroni. (II, vi) Proteo s’interroga sulla propria infedeltà, in cerca di un alibi
morale. Poiché «l’amor di sé resta il valore più prezioso», decide di svelare
al Duca il piano di fuga di Silvia e Valentino, che l’amico gli ha
incautamente confidato. (II, vii) In quel di Verona Giulia, che vede in
Proteo la somma d’ogni perfezione, confida a una Lucetta fortemente
dubbiosa il suo proposito di raggiungere l’amato travestita da paggio.
(III, i) Proteo denuncia l’amico, che ingenuamente cade in una trappola
tesagli dal Duca, il quale, furente, lo bandisce dai suoi possedimenti.
Valentino si sente morire, e Proteo tenta invano, ipocritamente, di
confortarlo. Lanciotto rivela di amare anche lui una donna, dei cui pregi e
difetti fa una grottesca enumerazione. (III, ii) Silvia continua a rifiutare
Turione, e Proteo s’impegna col Duca a farle dimenticare Valentino: con
l’arma della calunnia. Come non credere alle calunnie se ad insufflarle è il