Page 1267 - Shakespeare - Vol. 1
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Wether’s Skin, dove la bisbetica che non si adatta ai lavori domestici viene
domata infilandola in una pelle di castrato e bastonata finché non si
“ravvede”.
Non è documentato che Shakespeare conoscesse questi testi (dove del
resto il taming è rozzo e puramente fisico), ma simili storie abbondavano in
tutto il folclore indo-europeo. Nella tipologia Aarne-Thompson (n. 901) si
identificano quattro motivi tutti presenti in Shakespeare: la sorella minore
mansueta, la bisbetica domata, la prova d’obbedienza cui è sottoposta, la
scommessa, che si ritrovano diffusi dall’Italia alla Finlandia, dalla Scozia ai
Balcani, dall’India alle Americhe. Shakespeare non aveva bisogno di
conoscere una versione particolare: erano patrimonio comune. Fra gli
antecedenti letterari, si va dalla Santippe di Socrate (ricordata nella
commedia) alla figura della Vecchia in Jean de Meung, dalla Comare di
Bath di Chaucer alla Vedova di The Tretis of the Tua Marrit Wemen and the
Wedo di William Dunbar. In particolare, nei miracle plays la moglie di Noè
figurava come bisbetica che il marito deve tenere a bada, mentre in due
interludes del periodo Tudor, Johan Johan (1533-34) e Tom Tyler and his
Wife (ca 1561) compare la bisbetica domata a suon di botte. Shakespeare
parte naturalmente da questa lunga tradizione ma modifica radicalmente e
originalmente il modo, la tecnica e le implicazioni del taming,
trasponendolo dal piano della violenza puramente fisica a quello della più
complessa (e tormentosa) violenza fisico-mentale, della prevaricazione
psicologica, dell’indottrinamento e del brain-washing, della sottomissione
che richiede quasi una complicità, in modi su cui ritorneremo. Inoltre,
connette funzionalmente questo intreccio a quello di Bianca, facendoli
procedere simultaneamente e ponendoli entrambi sotto il segno della
prevaricazione e dell’inganno, del gioco tra finzione e realtà, del
rovesciamento dei ruoli, già presenti nell’Induction.

I tre intrecci sono collegati (in un modo che era già stato lodato da Samuel
Johnson), per analogia e contrasto, dal motivo centrale della
trasformazione e della metamorfosi. L’Induction presenta, sia pure per fini
essenzialmente farseschi, ma con riferimenti alle Metamorfosi ovidiane, un
passaggio dalla realtà al sogno e alla finzione (i, 42: «Even as a flatt’ring
dream...»; ii, 68: «Or do I dream...»), e il prevalere dell’apparenza sulla
realtà. Il tono trapassa da scurrile a sensuale; emerge un contrasto fra i
riferimenti signorili e mitologici del Palazzo (Apollo, Io, Dafne, Semiramide,
Adone e Venere) e la concreta, rozza realtà della campagna inglese, di cui i
nomi stessi sembrano veri (ii, 92-93). Già vi compare un superficiale (e
prolettico) antagonismo dei sessi: Sly come vittima dell’ostessa, all’inizio,
sulla quale si prende una rivincita nella finzione. Le sue frasi e i suoi
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