Page 527 - Galileo. Scienziato e umanista.
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3. Ultimi giorni.
3.1. La mente.
L’analisi che Galileo fa della propria caduta, cosí come
risulta dalle lettere che inviò ai propri corrispondenti fuori
dall’Italia, fu meno penetrante della sua analisi del volo delle
palle da cannone. Iniziò tutto con «le calunnie, le fraudi, gli
strattagemmi e gl’inganni, che 18 anni fa [recte, 19] furono
usati in Roma per abbarbagliar la vista ai superiori». Se mai un
giorno divenisse pubblica, «la […] mia religiosissima e
santissima mente [nel promuovere la causa di Copernico],
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quanto piú limpida apparirebbe» . Perché allora i complotti?
«[L]a principale, anzi la unica e sola, cagione del mio precipizio
[fu l’]haver io scoperte molte fallacie nelle dottrine già per molti
secoli frequentate nelle scuole, e parte di esse comunicate […]
ha suscitato negl’animi di quelli che soli vogliono essere stimati
sapienti tale sdegno, che, sendo sagacissimi e potenti, hanno
saputo e potuto trovar modo di supprimere il trovato e
pubblicato e impedir quello che mi restava da mandare alla
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luce». Tutto è proibito, passato e futuro . Galileo non volle
vedere il fatto evidente che l’inflessibilità di Urbano non aveva
nulla a che fare con la gelosia accademica, o, nel 1636, con un
senso di insulto personale. Quando Noailles provò a persuadere
il papa che Galileo non aveva avuto intenzione di insultarlo
quando aveva messo in bocca a Simplicio la medicina di
Urbano, questi rispose: «Lo crediamo, lo crediamo, – ma
aggiunse, come leggiamo nel resoconto che Galileo ne fece a
Micanzio, – la lettura del mio Dialogo era alla Cristianità
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perniziosissima» .
Urbano portò la propria cura pastorale a questo proposito al
grado straordinario di riservarsi l’autorità di concedere
esenzioni dal divieto di leggere il Dialogo. Non dava con
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facilità queste autorizzazioni . Tipicamente, i vescovi e gli