Page 579 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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permessa, parermi che voi, contrariando a voi stesso, neghiate ora quello
che pur oggi ci avete, con nostra maraviglia, dichiarato esser cosa
verissima e grande: dico di quello che accade ne i pianeti ed in
particolare ne i tre superiori, che ritrovandosi continuamente
nell’eclittica o a quella vicinissimi, non solamente si mostrano ora a noi
propinqui ed ora remotissimi, ma tanto, nei regolati lor movimenti,
difformi, che talvolta immobili, e tal ora, per molti gradi, retrogradi, ci si
rappresentano; e tutto non per altra cagione, che per il movimento annuo
della Terra.
SALV. Ancorché per mille riscontri io sia stato fatto certo dell’accortezza
del Sig. Sagredo, pur ho voluto con quest’altro cimento assicurarmi
maggiormente di quanto io possa promettermi dell’ingegno suo; e tutto
per util mio, ché quando le mie proposizioni potranno star salde al
martello o alla coppella del suo giudizio, potrò star sicuro che elle sien di
lega buona a tutto paragone. Dico per tanto, che a bello studio avevo
dissimulata cotesta obiezzione, ma non però con animo di ingannarvi e
di persuadervi alcuna falsità, come sarebbe potuto accadere quando
l’instanza da me dissimulata, e da voi trapassata, fusse stata tale in
effetto quale in apparenza si mostra, cioè veramente gagliarda e
concludente; ma ella non è tale, anzi dubito io adesso che voi, per tentar
me, finghiate di non conoscer la sua nullità. Ma voglio in questo
particolare esser più malizioso di voi, co ’l cavarvi a forza di bocca
quello che artifiziosamente volevi nasconderci: e però ditemi, che cosa è
quella onde voi conoscete la stazione e retrogradazione de’ pianeti
derivante dal moto annuo, e che è così grande che pure almeno qualche
vestigio di simile effetto dovrebbe vedersi nelle stelle dell’eclittica.
SAGR. Due quesiti contien questa vostra domanda, a i quali convien ch’io
risponda: il primo riguarda l’imputazione, che mi date, di simulatore;
l’altro è di quello che possa apparir nelle stelle etc. Quanto al primo, dirò
con vostra pace che non è vero ch’io abbia simulato di non intender la
nullità di quella instanza; e per assicurarvi di ciò, vi dic’ora che
benissimo capisco tal nullità.
SALV. Ma non capisco già io come possa essere che voi non parlaste
simulatamente, quando dicevi di non intender quella tal fallacia, la quale
confessate ora di intender benissimo.
SALV. La confessione stessa di intenderla può assicurarvi ch’io non
simulavo, mentre dicevo di non l’intendere; perché quando io avessi
voluto e volessi simulare, chi potria tenermi ch’io non continuassi nella
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