Page 897 - Giorgio Vasari
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VITA DI ANDREA DA FIESOLE SCULTORE E D'ALTRI
               FIESOLANI



               Perché non meno si richiede agli scultori avere pratica de' ferri che a
               chi esercita la pittura quella de' colori, di qui avviene che molti fanno
               di terra benissimo, che poi di marmo non conducono l'opere a veruna

               perfezzione; et alcuni per lo contrario lavorano bene il marmo, senza
               avere altro disegno che un non so che che hanno nell'idea di buona
               maniera, la imitazione della quale si trae da certe cose che al giudizio
               piacciano, e che poi, tolte all'imaginazione, si mettono in opera. Onde

               è quasi una maraviglia vedere alcuni scultori, che senza saper punto
               disegnare  in  carta,  conducono  nondimeno  coi  ferri  l'opere  loro  a
               buono e lodato fine; come si vide in Andrea di Piero di Marco Ferrucci,
               scultore  da  Fiesole,  il  quale  nella  sua  prima  fanciullezza  imparò  i

               principii  della  scultura  da  Francesco  di  Simone  Ferucci,  scultore  da
               Fiesole.  E,  se  bene  da  principio  imparò  solamente  a  intagliare
               fogliami, acquistò nondimeno a poco a poco tanta pratica nel fare che
               non passò molto che si diede a far figure; di maniera che, avendo la

               mano resoluta e veloce, condusse le sue cose di marmo più con un
               certo giudizio e pratica naturale, che per disegno che egli avesse. Ma
               nondimeno attese un poco più all'arte, quando poi seguitò nel colmo
               della sua gioventù Michele Maini scultore, similmente da Fiesole. Il

               quale  Michele  fece  nella  Minerva  di  Roma  il  San  Sebastiano  di
               marmo, che fu tanto lodato in que' tempi. Andrea dunque, essendo
               condotto a lavorare a Imola, fece negl'Innocenti di quella città una
               cappella  di  macigno  che  fu  molto  lodata.  Dopo  la  quale  opera  se

               n'andò  a  Napoli,  essendo  là  chiamato  da  Antonio  di  Giorgio  da
               Settignano,  grandissimo  ingegneri  et  architetto  del  re  Ferrante,
               appresso  al  quale  era  in  tanto  credito  Antonio,  che  non  solo
               maneggiava  tutte  le  fabriche  del  regno,  ma  ancora  tutti  i  più

               importanti negozii dello stato. Giunto Andrea in Napoli, fu messo in
               opera e lavorò molte cose nel castello di San Martino et in altri luoghi
               della città per quel re. Ma venendo a morte Antonio, poi che fu fatto
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