Page 892 - Giorgio Vasari
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VITA DI DOMENICO PULIGO PITTORE FIORENTINO



               È cosa maravigliosa, anzi stupenda, che molti nell'arte della pittura,
               nel continuo esercitare e maneggiare i colori, per instinto di natura, o
               per  un  uso  di  buona  maniera  presa  senza  disegno  alcuno  o
               fondamento,  conducono  le  cose  loro  a  sì  fatto  termine  che  elle  si

               abbattono molte volte a essere così buone che, ancor che gl'artefici
               loro  non  siano  de'  rari,  elle  sforzano  gl'uomini  ad  averle  in  somma
               venerazione e lodarle. E si è veduto già molte volte et in molti nostri
               pittori  che  coloro  che  fanno  l'opere  loro  più  vivaci  e  più  perfette,  i

               quali hanno naturalmente bella maniera e si esercitano con fatica e
               studio  continuamente,  perché  ha  tanta  forza  questo  dono  della
               natura che, benché costoro stracurino e lascino gli studi dell'arte et
               altro  non  seguino  che  l'uso  solo  del  dipignere  e  del  maneggiare  i

               colori  con  grazia  infuso  dalla  natura,  apparisce  nel  primo  aspetto
               dell'opere loro ch'ella mostrano tutte le parti eccellenti e maravigliose
               che sogliono minutamente apparire ne' lavori di que' maestri che noi
               tenghiamo migliori. E che ciò sia vero l'esperienza ce lo dimostra a'

               tempi  nostri  nell'opere  di  Domenico  Puligo,  pittore  fiorentino,  nelle
               quali da chi ha notizia delle cose dell'arte si conosce quello che si è
               detto di sopra chiaramente.

               Mentre che Ridolfo di Domenico Grillandaio lavorava in Firenze assai
               cose  di  pittura,  come  si  dirà,  seguitando  l'umore  del  padre,  tenne

               sempre  in  bottega  molti  giovani  a  dipignere,  il  che  fu  cagione,  per
               concorrenza l'uno dell'altro, che assai ne riuscirono bonissimi maestri,
               alcuni in fare ritratti di naturale, altri in lavorare a fresco et altri a
               tempera  et  in  dipignere  speditamente  drappi.  A  costoro  facendo
               Ridolfo lavorare quadri, tavole e tele, in pochi anni ne mandò con suo

               molto utile una infinità in Inghilterra, nell'Alemagna et in Ispagna. E
               Baccio Gotti e Toto del Nunziata, suoi discepoli, furono condotti, uno
               in Francia al re Francesco e l'altro in Inghilterra al re, che gli chiesono

               per  aver  prima  veduto  dell'opere  loro.  Due  altri  discepoli  del
               medesimo  restarono  e  si  stettono  molti  anni  con  Ridolfo,  perché,
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