Page 747 - Giorgio Vasari
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parti movendo e si mostrano con una graziosissima grazia. E furono
               cagione di levar via una certa maniera secca e cruda e tagliente, che
               per lo soverchio studio avevano lasciata in questa arte Pietro della
               Francesca, Lazaro Vasari, Alesso Baldovinetti, Andrea dal Castagno,
               Pesello,  Ercole  Ferrarese,  Giovan  Bellini,  Cosimo  Rosselli,  l'Abate  di

               San Clemente, Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticello, Andrea
               Mantegna, Filippo e Luca Signorello; i quali, per sforzarsi, cercavano
               fare l'impossibile dell'arte con le fatiche e massime negli scorti e nelle

               vedute  spiacevoli  che,  sì  come  erano  a  loro  dure  a  condurle,  così
               erano aspre a vederle. Et ancora che la maggior parte fussino ben
               disegnate  e  senza  errori,  vi  mancava  pure  uno  spirito  di  prontezza
               che  non  ci  si  vide  mai,  et  una  dolcezza  ne'  colori  unita,  che  la
               cominciò  ad  usare  nelle  cose  sue  il  Francia  Bolognese  e  Pietro

               Perugino. Et i popoli nel vederla corsero come matti a questa bellezza
               nuova e più viva, parendo loro assolutamente che e' non si potesse
               già mai far meglio.

               Ma  lo  errore  di  costoro  dimostrarono  poi  chiaramente  le  opere  di
               Lionardo  da  Vinci,  il  quale,  dando  principio  a  quella  terza  maniera,

               che  noi  vogliamo  chiamare  la  moderna,  oltra  la  gagliardezza  e
               bravezza del disegno, et oltra il contraffare sottilissimamente tutte le
               minuzie della natura così apunto, come elle sono, con buona regola,
               miglior  ordine,  retta  misura,  disegno  perfetto  e  grazia  divina,

               abbondantissimo di copie e profondissimo di arte, dette veramente
               alle  sue  figure  il  moto  et  il  fiato.  Seguitò  dopo  lui,  ancora  che
               alquanto lontano, Giorgione da Castel Franco, il quale sfumò le sue
               pitture  e  dette  una  terribil  movenzia  alle  sue  cose,  per  una  certa

               oscurità  di  ombre  bene  intese;  né  meno  di  costui  diede  alle  sue
               pitture  forza,  rilievo,  dolcezza  e  grazia  ne'  colori  fra'  Bartolomeo  di
               San Marco. Ma più di tutti il graziosissimo Raffaello da Urbino, il quale
               studiando le fatiche de' maestri vecchi e quelle de' moderni, prese da

               tutti il meglio, e fattone raccolta, arricchì l'arte della pittura di quella
               intera  perfezzione,  che  ebbero  anticamente  le  figure  d'Apelle  e  di
               Zeusi e più, se si potesse dire o mostrare l'opere di quelli a questo
               paragone. Laonde la natura restò vinta dai suoi colori, e l'invenzione

               era in lui sì facile e propria quanto può giudicare chi vede le storie
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