Page 742 - Giorgio Vasari
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di tanti pittori, dipinse in quella due storie, che fra tante, son tenute
               le migliori: l'una è il testamento di Mosè al popolo ebreo nell'avere
               veduto  la  terra  di  promessione;  e  l'altra  la  morte  sua.  Finalmente
               avendo  fatte  opere  quasi  per  tutti  i  principi  d'Italia  et  essendo  già
               vecchio, se ne tornò a Cortona, dove in que' suoi ultimi anni lavorò

               più per piacere che per altro, come quello che avvezzo alle fatiche,
               non  poteva,  né  sapeva  starsi  ozioso.  Fece  dunque  in  detta  sua
               vecchiezza una tavola alle monache di S. Margherita d'Arezzo, et una

               alla Compagnia di S. Girolamo, parte della quale pagò Messer Niccolò
               Gamurrini dottor di legge auditor di ruota: il quale in essa tavola è
               ritratto di naturale, in ginocchioni dinanzi alla Madonna, alla quale lo
               presenta  uno  S.  Niccolò  che  è  in  detta  tavola.  Sonovi  ancora  S.
               Donato  e  S.  Stefano,  e  più  abbasso  un  S.  Girolamo  ignudo,  et  un

               Davit che canta sopra un salterio; vi sono anco due Profeti, i quali,
               per quanto ne dimostrano i brevi che hanno in mano, trattano della
               concezzione. Fu condotta quest'opera da Cortona in Arezzo, sopra le

               spalle  degl'uomini  di  quella  Compagnia;  e  Luca,  così  vecchio  come
               era, volle venire a metterla su et in parte a rivedere gl'amici e parenti
               suoi. E perché alloggiò in casa de' Vasari, dove io era piccolo fanciullo
               d'otto  anni,  mi  ricorda  che  quel  buon  vecchio,  il  quale  era  tutto
               grazioso  e  pulito,  avendo  inteso  dal  maestro  che  m'insegnava  le

               prime  lettere,  che  io  non  attendeva  ad  altro  in  iscuola  che  a  far
               figure, mi ricorda, dico, che voltosi ad Antonio mio padre gli disse:
               "Antonio, poi che Giorgino non traligna, fa ch'egli impari a disegnare

               in  ogni  modo,  perché  quando  anco  attendesse  alle  lettere,  non  gli
               può essere il disegno, sì come è a tutti i galantuomini, se non d'utile,
               d'onore e di giovamento". Poi rivolto a me, che gli stava diritto inanzi,
               disse:  "Impara  parentino".  Disse  molte  altre  cose  di  me,  le  quali
               taccio perché conosco non avere a gran pezzo confermata l'openione

               che ebbe di me quel buon vecchio; e perché egli intese, sì come era
               vero, che il sangue in sì gran copia m'usciva in quell'età dal naso, che
               mi lasciava alcuna volta tramortito, mi pose di sua mano un diaspro

               al collo, con infinita amorevolezza; la qual memoria di Luca mi starà
               in eterno fissa nell'animo.

               Messa  al  luogo  suo  la  detta  tavola,  se  ne  tornò  a  Cortona,
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