Page 736 - Giorgio Vasari
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VITA DI IACOPO DETTO L'INDACO PITTORE



               Iacopo  detto  l'Indaco,  il  quale  fu  discepolo  di  Domenico  del
               Ghirlandaio,  et  in  Roma  lavorò  con  Pinturicchio,  fu  ragionevole
               maestro  ne'  tempi  suoi;  e  se  bene  non  fece  molte  cose,  quelle
               nondimeno che furono da lui fatte sono da esser comendate. Né è

               gran fatto che non uscissero se non pochissime opere delle sue mani,
               perciò  che  essendo  persona  faceta,  piacevole  e  di  buon  tempo,
               alloggiava pochi pensieri e non voleva lavorare se non quando non
               poteva far altro; e perciò usava di dire che il non mai fare altro che

               affaticarsi  senza  pigliarsi  un  piacere  al  mondo,  non  era  cosa  da
               cristiani.  Praticava  costui  molto  dimesticamente  con  Michelagnolo,
               perciò che quando voleva quell'artefice, eccellentissimo sopra quanti
               ne furono mai, ricrearsi dagli studii e dalle continue fatiche del corpo

               e della mente, niuno gli era perciò più a grado, né più secondo l'umor
               suo, che costui. Lavorò Iacopo molti anni in Roma, o per meglio dire,
               stette molti anni in Roma e vi lavorò pochissimo. È di sua mano in
               quella città nella chiesa di S. Agostino, entrando in chiesa per la porta

               della facciata dinanzi a man ritta, la prima cappella, nella volta della
               quale sono gl'Apostoli che ricevono lo Spirito Santo; e di sotto sono
               nel muro due storie di Cristo, nell'una quando toglie dalle reti Pietro
               et Andrea, e nell'altra la cena di Simone e di Maddalena, nella quale

               è un palco di legno e di travi molto ben contrafatto. Nella tavola della
               medesima cappella, la quale egli dipinse a olio, è un Cristo morto,
               lavorato  e  condotto  con  molta  pratica  e  diligenza.  Parimente  nella
               Trinità  di  Roma  è  di  sua  mano  in  una  tavoletta,  la  coronazione  di

               Nostra Donna. Ma che bisogna o che si può di costui altro raccontare?
               Basta  che  quanto  fu  vago  di  cicalare  tanto  fu  sempre  nimico  di
               lavorare e del dipignere. E perché come si è detto, si pigliava piacer
               Michelagnelo  delle  chiacchiere  di  costui  e  delle  burle  che  spesso

               faceva,  lo  teneva  quasi  sempre  a  mangiar  seco;  ma  essendogli  un
               giorno venuto costui a fastidio, come il più delle volte vengono questi
               cotali  agl'amici  e  padroni  loro,  col  troppo  e  bene  spesso  fuor  di
               proposito e senza discrezione, cicalare - perché ragionare non si può
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