Page 402 - Giorgio Vasari
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finiva  con  molta  grazia.  Dilettossi  anco  di  contraffare  i  conii  delle
               medaglie  antiche,  e  di  naturale  nel  suo  tempo  ritrasse  molti  suoi
               amici. E mentre egli con Bartoluccio lavorando cercava acquistare in
               quella professione, venne in Fiorenza [la peste] l'anno 1400, secondo
               che  racconta  egli  medesimo  in  un  libro  di  sua  mano  dove  ragiona

               delle cose dell'arte, il quale è appresso al reverendo Messer Cosimo
               Bartoli  gentiluomo  fiorentino.  Alla  quale  peste  aggiuntesi  alcune
               discordie  civili  et  altri  travagli  della  città,  gli  fu  forza  partirsi  et

               andarse in compagnia d'un altro pittore in Romagna; dove, in Arimini,
               dipinsero al signor Pandolfo Malatesti una camera e molti altri lavori,
               che  da  lor  furono  con  diligenza  finiti  e  con  sodisfazione  di  quel
               signore,  che  ancora  giovanetto  si  dilettava  assai  delle  cose  del
               disegno. Non restando perciò in quel mentre Lorenzo di studiare le

               cose del disegno, né di lavorare di rilievo cera, stucchi et altre cose
               simili,  conoscendo  egli  molto  bene  che  sì  fatti  rilievi  piccoli  sono  il
               disegnare degli scultori e che senza cotale disegno non si può da loro

               condurre  alcuna  cosa  a  perfezzione.  Ora,  non  essendo  stato  molto
               fuor della patria, cessò la pestilenza; onde la Signoria di Fiorenza e
               l'Arte de' Mercatanti deliberarno (avendo in quel tempo la scultura gli
               artefici  suoi  in  eccellenza,  così  forestieri  come  Fiorentini)  che  si
               dovesse,  come  si  era  già  molte  volte  ragionato,  [fare]  l'altre  due

               porte di S. Giovanni, tempio antichissimo e principale di quella città.
               Et ordinato fra di loro che si facesse intendere a tutti i maestri, che
               erano tenuti migliori in Italia, che comparissino in Fiorenza per fare

               esperimento di loro in una mostra d'una storia di bronzo, simile a una
               di  quelle  che  già  Andrea  Pisano  aveva  fatto  nella  prima  porta,  fu
               scritto  questa  deliberazione  da  Bartoluccio  a  Lorenzo  ch'in  Pesero
               lavorava, confortandolo a tornare a Fiorenza a dar saggio di sé; ché
               questa era una occasione da farsi conoscere e da mostrare l'ingegno

               suo,  oltra  che  e'  ne  trarrebbe  sì  fatto  utile,  che  né  l'uno  né  l'altro
               arebbono  mai  più  bisogno  di  lavorare  pere.  Mossero  l'animo  di
               Lorenzo le parole di Bartoluccio di maniera che, quantunque il signor

               Pandolfo  et  il  pittore  e  tutta  la  sua  corte  gli  facessino  carezze
               grandissime,  prese  Lorenzo  da  quel  signore  licenza  e  dal  pittore,  i
               quali  pur  con  fatica  e  dispiacere  loro  lo  lascioron  partire,  non
               giovando né promesse né accrescere provisione, parendo a Lorenzo
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