Page 308 - Giorgio Vasari
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a tempera, a colla et a gomma, et inoltre come si minia e come in
tutti i modi si mette d'oro. Il qual libro è nelle mani di Giuliano orefice
sanese, eccellente maestro et amico di quest'arti. E nel principio di
questo suo libro trattò della natura de' colori così minerali come di
cave, secondo che imparò da Agnolo suo maestro, volendo, poiché
forse non gli riuscì imparare a perfettamente dipignere, sapere al
meno le maniere de' colori, delle tempere, delle colle e dello
ingessare, e da quali colori dovemo guardarci come dannosi nel
mescolargli, et insomma molti altri avvertimenti de' quali non fa
bisogno ragionare, essendo oggi notissime tutte quelle cose che
costui ebbe per gran secreti e rarissime in que' tempi. Non lascerò già
di dire che non fa menzione, e forse non dovevano essere in uso,
d'alcuni colori di cave, come terre rosse scure, il cinabrese e certi
verdi in vetro; si sono similmente ritrovate poi, la terra d'ombra, che
è di cava, il giallo santo, gli smalti a fresco et in olio et alcuni verdi e
gialli in vetro de' quali mancarono i pittori di quell'età; trattò
finalmente de' musaici, del macinare i colori a olio per far campi rossi,
azurri, verdi e d'altre maniere; e de' mordenti per mettere d'oro, ma
non già per figure. Oltre l'opere che costui lavorò in Fiorenza col suo
maestro, è di sua mano, sotto la loggia dello spedale di Bonifazio
Lupi, una Nostra Donna con certi santi di maniera sì colorita ch'ella si
è insino a oggi molto bene conservata. Questo Cennino, nel primo
capitolo di detto suo libro, parlando di se stesso, dice queste proprie
parole: "Cennino di Drea Cennini da Colle Di Valdelsa fui informato in
nella detta arte dodici anni da Agnolo di Taddeo da Firenze mio
maestro, il quale imparò la detta arte da Taddeo suo padre, el quale
fu battezzato da Giotto e fu suo discepolo anni ventiquattro. El quale
Giotto rimutò l'arte del dipignere di greco in latino e ridusse al
moderno, e l'ebbe certo più compiuta che avesse mai nessuno".
Queste sono le proprie parole di Cennino, al quale parve, sì come
fanno grandissimo benefizio quelli che di greco traducono in latino
alcuna cosa a coloro che il greco non intendono, che così facesse
Giotto in riducendo l'arte della pittura d'una maniera non intesa né
conosciuta da nessuno (se non se forse per goffissima) a bella, facile
e piacevolissima maniera intesa e conosciuta per buona da chi ha
giudizio e punto del ragionevole. I quali tutti discepoli d'Agnolo gli