Page 306 - Giorgio Vasari
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essendo stati dal tempo consumati molti di que' marmi che cuoprono
               l'otto faccie del tetto di San Giovanni, e per ciò avendo l'umido che
               penetrava dentro guasto assai del musaico che Andrea Tafi aveva già
               in quel tempo lavorato, deliberarono i consoli dell'Arte de' Mercatanti,
               acciò  non  si  guastasse  il  resto,  di  rifare  la  maggior  parte  di  quella

               coperta  di  marmi,  e  fare  similmente  racconciare  il  musaico.  Perché
               dato di tutto ordine e commissione a Agnolo, egli l'anno 1346 fece
               ricoprirlo di marmi nuovi e sopraporre, con nuova diligenza, i pezzi

               delle  commettiture  due  dita  l'uno  all'altro,  intaccando  la  metà  di
               ciascuna pietra insino a mezzo. Poi comettendole insieme con stucco
               fatto  di  mastrice  e  cera  fondute  insieme,  l'accomodò  con  tanta
               diligenza che da quel tempo in poi non ha né il tetto né le volte alcun
               danno dall'acque ricevuto. Avendo poi Agnolo racconcio il musaico, fu

               cagione mediante il consiglio suo e disegno molto ben considerato,
               che si rifece in quel modo che sta ora, intorno al detto tempio, tutta
               la cornice di sopra di marmo sotto il tetto, la quale era molto minore

               che non è, e molto ordinaria. Per ordine del medesimo furono fatte
               ancora  nel  palagio  del  podestà  le  volte  della  sala  che  prima  era  a
               tetto,  acciò  che,  oltre  all'ornamento,  il  fuoco,  come  molto  tempo
               inanzi  fatto  avea,  non  potesse  altra  volta  farle  danno.  Appresso
               questo, per consiglio d'Agnolo furono fatti intorno al detto palazzo i

               merli  che  oggi  vi  sono,  i  quali  prima  non  vi  erano  di  niuna  sorte.
               Mentre  che  queste  cose  si  lavoravano,  non  lasciando  del  tutto  la
               pittura, dipinse nella tavola, che egli fece dell'altar maggiore di San

               Brancazio  a  tempera,  la  Nostra  Donna,  San  Giovanni  Battista  et  il
               Vangelista,  et  appresso  San  Nereo,  Achilleo  e  Pancrazio  fratelli  con
               altri  Santi.  Ma  il  meglio  di  quell'opera,  anzi  quanto  vi  si  vede  di
               buono,  è  la  predella  sola,  la  quale  è  tutta  piena  di  figure  piccole,
               divise in otto storie della Madonna e di Santa Reparata. Nella tavola

               poi dell'altar grande di Santa Maria Maggiore pur di Firenze, fece per
               Barone Capelli nel 1348 intorno a una Coronazione di Nostra Donna
               un ballo d'Angeli ragionevole. Poco poi nella Pieve della terra di Prato,

               stata riedificata con ordine di Giovanni Pisano l'anno 1312, come si è
               detto  di  sopra,  dipinse  Agnolo,  nella  capella,  a  fresco,  dove  era
               riposta la Cintola di Nostra Donna, molte storie della vita di lei, e in
               altre  chiese  di  quella  terra,  piena  di  monasterii  e  conventi
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