Page 2341 - Shakespeare - Vol. 4
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80 v. 364 In inglese sting (‘pungiglione’), spesso dotato di doppio senso.

              81 v. 371 La cortina del letto in cui Lucrezia dorme.
              82 vv. 386-89 C.S. Lewis trova che questo “concetto” «sarebbe stato tollerabile in Hero and Leander,
                 ma qui è repellente» (English Literature in the Sixteenth Century, Oxford 1954, p. 499).
              83 v. 404 Vita e morte.

              84 vv. 458-62 Il cervello produce immagini orrende; l’occhio si chiude per non vederle, ma quando si
                 riapre ne vede di più orrende ancora.

              85 v.  467  «La  man  di  lui».  L’eburnea  fortezza  di  Lucrezia  è  sottoposta  a  una  duplice  percussione:
                 dall’esterno i colpi d’ariete della mano di Tarquinio; dall’interno i tonfi del suo stesso cuore.

              86 v. 529 L’inglese policy evoca immediatamente l’ambito machiavellico della ragion di stato, in cui il fine
                 giustifica i mezzi.

              87 v. 530 Erba medicinale.
              88 vv. 556-57 Ricorda la descrizione di Venere, «aquila famelica a digiuno» che si ingozza di Adone «e
                 là dove finisce ricomincia» (Venere e Adone, vv. 55-60).
              89 vv. 580-81 Ricorda gli argomenti di Adone: «risparmia gli avanotti il pescatore» (Venere  e  Adone,
                 vv. 526-27).
              90 vv. 593-94 Ricorda gli argomenti di Venere: «Sei ostinato, un sasso, un duro acciaio? / No, peggio, il
                 sasso l’acqua pur l’allenta» (Venere e Adone, vv. 199-200).
              91 v. 624 Dio.
              92 vv. 647-51 Il vento dei tuoi sospiri non fa che attizzare il mio fuoco, e il fiume delle tue lacrime non
                 fa che gonfiare il mio mare.
              93 vv.  652-58  Nella  precedente  immagine  di  Tarquinio  (vv.  645-51),  «il  fiume  [...]  di  dolce  acqua»
                 stava  per  la  ‘purezza’,  e  il  «mare»  salato  per  la  ‘torbida  passione’;  Lucrezia,  nel  tentativo  di
                 sconfiggere dialetticamente Tarquinio con le sue stesse armi, approfitta delle medesime immagini,
                 ma ne inverte il valore di exempla.
              94 v.  667  Ricorda  l’esasperazione  di  Adone  di  fronte  all’ipertrofico  e  inarrestabile  «trattato»  di
                 esemplificazioni morali inflittogli da Venere (cfr. Venere e Adone, v. 774).
              95 v. 678 Le lenzuola (i «notturni lini» del v. 680).
              96 vv. 699-700 Con l’acidità di stomaco il divorato divora da dentro il divoratore.

              97 vv.  719-21  sgg.  Tornano  le  immagini  di  saccheggio  dei  vv.  428-48,  ma  questa  volta  si  tratta  di
                 guerra civile e la «principessa» violata qui non è Lucrezia, ma l’anima di Tarquinio, che «si lamenta
                 di essere assalita dal suo assalto al corpo di Lucrezia» (A.C. Hamilton, The Early Shakespeare, San
                 Marino  1967,  p.  176).  Ted  Hughes  sottolinea  che  «l’azione  dell’eroe  contro  la  donna  reale  è
                 l’aspetto fisico e visibile di un atto interno contro la sua stessa anima», e che questa «simultaneità
                 di eventi esterni e interni» continuerà poi a valere per tutte le tragedie (The Goddess of Complete
                 Being, London 1992, p. 81).
              98 v. 727 I sudditi-sensi.
              99 v. 730 Echeggia Ovidio, Fasti, II, 811: Quid victor gaudes? haec te victoria perdet.

            100 vv. 786-87 Le stelle, ancelle della luna.
            101 v.  981  «Shakespeare  immaginava  Tarquinio  come  un  nobile  italiano  del  XVI  secolo»  (F.T.  Prince
                 ed., The Poems, cit.). In Cymbeline, II, ii, 12, l’italiano Jachimo parla del «nostro Tarquinio».
            102 v. 1003 Il futuro regno.
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