Page 2343 - Shakespeare - Vol. 4
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118 vv.  1524-26  Troia,  «alta  come  nubi»  (v.  1370),  tanto  che  «il  cielo  par  baciare  le  sue  torri»  (v.
                 1372), è immaginata come “specchio delle stelle”. La iperbolica altezza di Troia risale a Marlowe, che
                 ne  aveva  descritto  le  «torri  infinite»  (topless  towers)  in The  Tragedie  of  Dido.  In  questo  brano
                 troiano  si  avverte  più  di  un’eco  del  “possente  verso”  di  Marlowe.  Le  «sfere»  sono  quelle  della
                 concezione aristotelico-tolemaica dell’universo, presente anche in Dante.

            119 v. 1564 Lucrezia fa a Sinone ciò che al v. 1035 si rimproverava di non aver fatto a Tarquinio.
            120 vv.  1604-05  Soffiando  tre  volte  sul  suo  dolore  per  dar  fuoco  alle  polveri  della  parola,  Lucrezia
                 combina il ter conata loqui di Ovidio (Fasti, II, 823) con l’artiglieria cinquecentesca.
            121 v.  1656  Lucrezia  usa  gli  aggettivi  normalmente  riservati  alla  Vergine  Maria.  Helen  Vendler  lo
                 considera una prova del fatto che in tal modo «Shakespeare sancisce la castità mentale e spirituale
                 della sua eroina», il che dovrebbe liberarla dalla calunniosa illazione di William Empson, per il quale
                 Lucrezia si sente colpevole «perché ha goduto involontariamente dello stupro» (H. Vendler ed.,  The
                 Sonnets  and  Narrative  Poems,  London  1992,  p. XIII;  W.  Empson,  «Introduction»,  Narrative
                 Poems, ed. W. Burto, New York 1968, p. XXVII).

            122 vv. 1714-15 Livio, I, 58: nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo vivet.
            123 vv.  1742-50  Il  concetto  −  o  «mito  eziologico»  (C.S.  Lewis, English  Literature  in  the  Sixteenth
                 Century, cit., p. 499) − “moralizza” ingegnosamente il fenomeno della progressiva coagulazione del
                 sangue e della separazione del siero. Il sangue coagulato e «nero» diventa emblema della colpa e
                 del lutto, il sangue ancora «rosso e puro» è rosso per la vergogna, e il «rivo d’acqua» del siero è
                 costituito  da  lacrime  di  pietà.  C.  Borgogno,  annotando  il  capitolo  su  Lucrezia  del De  Civitate  Dei
                 (Roma  1973,  p.  67  n.),  scrive  che  «secondo  la  mentalità  antica  l’adulterio  −  fosse  anche  subito
                 come nel caso di Lucrezia − era considerato come una contaminazione che infettava il sangue della
                 donna e obbligava a sopprimerla».
            124 vv. 1788-92 Il flatus  vocis di Collatino è come un vento di tempesta che, mentre va accumulando
                 nubi  cariche  di  pioggia,  impedisce  però  il  libero  deflusso  del  fiume  della  pena,  inturgidendolo.  Poi
                 all’improvviso  il  vento  cessa,  e  allora  ai  flutti  del  fiume  si  aggiungono  gli  scrosci  delle  nubi,  in  un
                 generale diluvio di lacrime e parole.

            125 v. 1801 «Presto» perché troppo giovane, «tardi» perché ormai “macchiata”.
            126 vv. 1809-10 sgg. Precursore di Amleto, «il romano Bruto copriva il senno con una veste di follia»
                 (King Henry V, II, iv, 37-38).




          La fenice e la tortora

            127 v. 1 Vari i candidati: il gallo, l’usignolo, la gru, il pavone, la fenice stessa (risorta, che sarebbe araldo
                 di se stessa). Ma «la maggior parte dei commentatori concorda che l’identità dell’uccello è lasciata
                 incerta» (F.T. Prince ed., The Poems, cit.).
            128 v. 2 Cfr. The Tempest, III, iii, 23: one tree... one Phoenix.
            129 v. 5 Il barbagianni, come in A Midsummer Night’s Dream, V, i, 383-85 e Hamlet, I, i, 121 sgg.

            130 v. 10 I rapaci.
            131 vv. 17-19 Credenze popolari già in età classica e medievale. Plinio (Historia Naturalis, VII, 48; X, 12)
                 attribuisce al corvo eccezionale longevità (nove volte l’umana), e menziona l’opinione del volgo che
                 esso generi per via di bacio (dunque “castamente”).

            132 vv. 21 sgg. Con l’inizio dell’antifona «i concetti rimpiazzano le creature: amore, costanza, essenza,
                 distanza, proprietà, ragione...» (J. Roe ed., The Poems, Cambridge 1992, p. 51). È il primo cambio
                 di tonalità della poesia; il secondo ha luogo col passaggio dall’antifona al treno.
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