Page 2338 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2338

34 vv.  507-10 Venere  e  Adone venne pubblicato nel 1593, mentre i teatri erano chiusi a causa della
                 peste. Per prevenire il contagio si usavano erbe aromatiche (le labbra di Adone).
              35 vv. 526-28 Adone riprende gli argomenti già usati nei vv. 415-20.

              36 v. 577 Lo svenimento è ormai acqua passata.
              37 v.  649  sgg.  In  inglese jealousy che,  oltre  che  ‘gelosia’,  vale  appunto,  come  qui,  ‘apprensione’,
                 ‘preoccupazione’.  Ma  in  inglese  il  primo  significato  non  va  certo  perduto,  visto  che  per  Venere  il
                 cinghiale è a tutti gli effetti un rivale più fortunato.
              38 vv. 661-64 L’immagine profeticamente intravista da Venere è l’esatto rovesciamento della postura
                 assunta  da  Venere  stessa  quando,  dopo  aver  sentito  per  la  prima  volta  nominare  il  cinghiale,  si
                 appende  al  collo  di  Adone  e  «crolla  a  terra,  /  lei  sulla  schiena,  lui  sopra  di  lei»  (vv.  593-94).  «Il
                 cinghiale»,  nota  W.  Keach,  «mette  in  atto  il  potenziale  distruttivo  della  lussuria  di  Venere»
                 (Elizabethan Erotic Narratives, New Brunswick 1977, p. 79).
              39 vv. 674 sgg. La lepre (o il coniglio) è uno degli attributi tradizionali di Venere. L’invito a cacciarla è un
                 ulteriore tentativo di stimolare Adone, il cui unico effetto, però, è di evidenziare ironicamente quanto
                 poco Venere assomigli alla lepre, e quanto invece al cacciatore. La lepre, viceversa, «vittima di un
                 furioso  inseguimento,  è  come  il  lamentoso  Adone  tra  le  mani  della  fumante  Venere»  (E.B.
                 Cantelupe, An  Iconographical  Interpretation  of  «Venus  and  Adonis»,  Shakespeare’s  Ovidian
                 Comedy, «The Shakespeare Quarterly», 14, 1963, p. 150).

              40 v.  711  Innanzitutto  nel  significato  letterario  tecnico  di  ‘interpretare  in  senso  morale’,  come  viene
                 ribadito dall’«accostare» e «commentare» dei vv. 712-14.

              41 vv. 725-26 Diana-Cinzia-Luna si rannuvola per non vedere Adone e non esser tentata di baciarlo,
                 violando così il proprio voto di castità.

              42 vv. 727-32 Venere varia il “concetto” precedente: Diana-Cinzia-Luna si rannuvola per la vergogna, in
                 attesa che si concluda con una condanna il processo intentato contro la natura, che per forgiare
                 Adone  ha  blasfemamente  trafugato  dei  prototipi  divini,  facendolo  così  bello  che  di  giorno  fa
                 vergognare  il  sole,  e  di  notte  la  luna.  Diana-Cinzia-Luna,  che  prima  s’era  rannuvolata  per  non
                 vedere, ora si rannuvola per non esser vista. Il soggetto di «t’ha plasmato» (v. 731) è «natura»; il
                 «lei» di «lei scornassi» (v. 732) è Cinzia.

              43 vv. 733-44 Il processo intentato da Cinzia si conclude con la condanna a morte della natura (e di
                 Adone), ma il giudice («il Destino») era stato «corrotto» (v. 733).

              44 v. 748 E non corrotto come il destino, che condanna a morte ciò di cui il giudice imparziale invece
                 stupisce.

              45 v.  770  Adone  non  ha  tutti  i  torti:  per  aggirare  gli  effetti  della  condanna  ingiustamente  inflitta  dal
                 destino  corrotto,  Venere  ha  riesumato  gli  argomenti  già  utilizzati  nei  vv.  166-74,  che  a  loro  volta
                 sono  quelli  dei  Sonetti  «matrimoniali»,  che  a  loro  volta  riprendono  luoghi  comuni  platonici  ed
                 erasmiani (cfr. T.W. Baldwin,  On the Literary Genetics of Shakespeare’s Poems and Sonnets, cit.,
                 pp. 38-39).

              46 vv. 815-16 La stella cadente è Adone, il cielo notturno l’occhio di Venere.
              47 vv. 829-52 Cfr. come Eco ripete i lamenti di Narciso in Metamorfosi, III, 495-501.

              48 v. 863 Shakespeare cassa le circostanze favolose della nascita di Adone da Mirra in Metamorfosi, X,
                 503-14.

              49 vv.  875-76  Uccello  da  preda  nella  prima  parte  del  poemetto,  dopo  la  partenza  di  Adone  Venere
                 presenta aspetti materni, che culmineranno nell’immagine finale della culla (v. 1185).

              50 v. 961 Cristalli magici.
              51 v. 1020 Altrettanto dirà Otello del suo amore per Desdemona: ...and when I love thee not, / Chaos
   2333   2334   2335   2336   2337   2338   2339   2340   2341   2342   2343