Page 2340 - Shakespeare - Vol. 4
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62 vv. 11-14 Il volto e gli occhi di Lucrezia sono il cielo privato di Collatino.
63 v. 47 Il fegato era comunemente considerato la sede del desiderio sessuale.
64 vv. 48-49 L’ardore di un desiderio gelato dal senso della colpevolezza è paragonato a una primavera
precoce che, irrimediabilmente guastata da una gelata, non diventerà mai estate.
65 vv. 51-53 sgg. Il fatto che non si sa se Lucrezia sia più bella o più virtuosa dà origine a una tenzone
di acrobatica concettosità tra Bellezza e Virtù: una guerra «di gigli e rose» (v. 71) combattuta con
ogni sorta di colpi e di astuzie dialettico-araldiche sul volto stesso di Lucrezia, che ne è anche il
blasone nobiliare. Pur essendo in teoria la Bellezza rossa e la Virtù bianca (v. 65), in pratica poi
entrambi gli ambiziosi contendenti accampano primordiali diritti regali e dinastici anche sul colore e sul
trono dell’avversario (vv. 57-63; 66-70). La contesa risulta irresolubile, perché, in sostanza, quando
arrossisce, la bella e virtuosa Lucrezia manifesta al tempo stesso sia Bellezza che Virtù, legittimando
le pretese di entrambe, e quando impallidisce pure.
66 vv. 71-77 Cavallerescamente avversarie tra loro, Bellezza e Virtù, di pari rango nobiliare, rifiutano di
declassarsi sporcandosi le mani con l’ignobile nemico comune.
67 v. 100 In inglese parling, che sembra sottindere, da parte di Tarquinio, un muto tentativo di
‘parlamentare’, di ottenere per vie segretamente diplomatiche ciò che invece otterrà con la forza.
68 v. 104 In senso ermeneutico, ‘interpretare’ in senso morale, come in Venere e Adone, v. 711.
69 vv. 134-36 È la traduzione della sententia di Publilio Siro Tam avaro deest quod habet, quam quod
non habet (cfr. T.W. Baldwin, On the Literary Genetics of Shakespeare’s Poems and Sonnets, cit.,
p. 117).
70 vv. 162-68 Come notato per la prima volta dall’editor settecentesco Malone, la scena ricorda
dappresso quella in cui Macbeth si accinge a uccidere Duncan, avvicinandoglisi nottetempo with
Tarquin’s ravishing strides, ‘coi passi stupratori di Tarquinio’ (Macbeth, II, i, 49-56).
71 vv. 186-88 L’oscurità del passo viene rischiarata da Kittredge: «L’unica sua corazza in questa
impresa è la lussuria − che non è una vera corazza, giacché viene uccisa (muore, si vanifica)
ogniqualvolta vien soddisfatta» (cit. in H.E. Rollins, The Poems: A New Variorum Edition of
Shakespeare, Philadelphia 1938). Come nota F.T. Prince ed., The Poems, London 1960, al
“concetto” dell’armatura vanno aggiunte le immagini più o meno subliminalmente suscitate dalla
lussuria del corpo maschile nudo, dotato di un’arma invariabilmente “uccisa” dalla sua stessa
soddisfazione.
72 v. 201 «il soldato veramente valoroso mostri rispetto», o: «il vero valore venga rispettato dal
soldato». Nel primo caso il «valore vero» è quello del soldato, nel secondo quello di Lucrezia.
73 v. 226 Collatino? Lucrezia? La «coscienza fredda» di Tarquinio stesso, che sta cercando di frenare il
suo «desiderio caldo» (v. 247)?
74 vv. 239-41 Come in una Disputatio universitaria su un argomento morale, Tarquinio allinea da una
parte i pro, dall’altra i contro.
75 vv. 246-47 In mancanza di un intervento della grazia divina, l’esito della disputa è segnato.
76 v. 248 Il termine sa di gesuitismo.
77 v. 295 I sensi.
78 v. 298 Il cuore corrotto; ma le immagini dei verbi stuff up e grow autorizzano doppi sensi.
79 v. 307 «Ci si potrebbe chiedere che ci stiano a fare delle donnole in una nobile dimora romana, ma
pare che venissero tenute nelle case, al posto dei gatti, per uccidere i topi» (F.T. Prince ed., The
Poems, cit.). Ma per Allen (che cita Alciati, Emblemata, CXXVI) le donnole sono invece «segno di
sventura per le case che infestano» (D.C. Allen, Some Observations on «The Rape of Lucrece»,
«Shakespeare Survey», 15, 1962, pp. 92, 97 n.).