Page 2168 - Shakespeare - Vol. 4
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ARGOMENTO 61 EN
Lucio Tarquinio (per l’eccessivo orgoglio soprannominato il Superbo), dopo
aver fatto crudelmente assassinare suo suocero Servio Tullio, e,
contrariamente alle leggi e ai costumi romani, senza chiedere o attendere i
suffragi del popolo, essersi impadronito del regno, andò ad assediare Ardea,
accompagnato dai figli ed altri nobili romani. Durante tale assedio,
incontrandosi una sera i capi dell’esercito nella tenda di Sesto Tarquinio, figlio
del Re, nei discorsi dopo cena ciascuno lodò le virtù della propria moglie; tra
essi Collatino esaltò l’incomparabile castità di sua moglie Lucrezia. In questo
piacevole umore partirono tutti verso Roma, e, intendendo col loro segreto ed
improvviso arrivo mettere alla prova ciò che ciascuno aveva innanzi asserito,
soltanto Collatino trovò sua moglie, benché a notte tarda, intenta a filare tra
le sue ancelle; le altre dame vennero tutte trovate intente a ballare e
festeggiare, o altrimenti occupate in divertimenti. Di conseguenza i nobili
diedero a Collatino la vittoria, e a sua moglie la fama. Sesto Tarquinio,
infiammato dalla bellezza di Lucrezia, ma soffocando per il momento la sua
passione, tornò allora con gli altri al campo; ma subito dopo se ne allontanò
segretamente, e venne, in accordo al suo rango, regalmente intrattenuto e
alloggiato da Lucrezia a Collazia. La stessa notte si introdusse
proditoriamente nella sua stanza, la violentò, e di primo mattino fuggì via.
Lucrezia, in questa lamentevole situazione, inviò prontamente dei
messaggeri, uno a Roma per il padre, un altro al campo per Collatino. Essi
vennero, uno accompagnato da Giunio Bruto, l’altro da Publio Valerio; e
trovando Lucrezia vestita a lutto, domandarono la causa del suo dolore. Fattili
giurare di vendicarla, ella rivelò l’autore e il modo del torto subito, e poi
improvvisamente si pugnalò. Al che essi unanimemente giurarono di estirpare
tutta l’odiata famiglia dei Tarquini e, portato il corpo morto a Roma, Bruto
fece conoscere al popolo l’artefice e il modo del misfatto, con una violenta
invettiva contro la tirannia del Re. Il popolo ne fu tanto commosso, che
unanimemente e per acclamazione generale i Tarquini vennero tutti esiliati, e
il governo dello stato passò dai re ai consoli.