Page 2120 - Shakespeare - Vol. 4
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des Esseintes di Mallarmé (con la sua «rigorosa consapevolezza ed ironia»), e
          la  tradizione  del nonsense di Edward Lear e Lewis Carroll. Middleton Murry,
          sostiene Prince, aveva perfettamente ragione quando scriveva che «la poesia
          si libra ben al di sopra del piano della comprensione intellettuale», e tuttavia

          non coglieva la presenza di un consapevole elemento auto-caricaturale, né
          l’uso  di  un  linguaggio bouffonne  et  égarée  au  possible,  come  quello
          cripticamente usato da Rimbaud nella Saison en Enfer nell’atto di «dar l’addio
          al  mondo».  In  ogni  caso La  fenice  e  la  tortora  resterebbe  l’atto  di  nascita

          della poesia “pura”. La valutazione di queste prospettive critiche dipenderà
          dalla misura in cui si condividano o meno i dubbi di Leo Spitzer circa il fatto
          che  «nella  poesia  europea  antecedente  il  simbolismo  e  il  surrealismo  le
          immagini avessero una vita propria, non disciplinata dalle idee», o circa la

          pratica di «sovrimporre la moderna anarchia dei significati» anche alla poesia
          pre-simbolista.      3
          Empson  era  dell’avviso  che La  fenice  e  la  tortora  ci  guadagnava,  «se
          considerata  in  maniera  meno  portentosa  di  quanto  sia  divenuto  usuale».

          Proviamo dunque a vedere in che modo «la poesia si libra ben al di sopra del
          piano  della  comprensione  intellettuale».  Ora,  per  quanto  incantatorio  e
          ipnotico  sia  il  metro,  la  poesia  è  talmente  “disciplinata  dalle  idee”  che  chi
          parla è innanzitutto la Ragione. Tema della poesia è infatti il trascendimento

          della  Ragione  da  parte  dell’Amore,  ma  l’onere  della  dimostrazione  è
          integralmente a carico della Ragione medesima, che vi provvede, appunto,
          con la massima razionalità. Come Lewis stesso ha ben rilevato, la «suprema
          invenzione» della poesia è proprio questo ruolo centrale della Ragione, e le

          parole  che  ne  riassumono  la  «dottrina»  («non  ragione  /  ha  ragione,  ma
          l’amore»)  devono  tutta  intera  la  loro  importanza  al  fatto  di  essere
          pronunciate dalla Ragione stessa − in bocca a un amante appassionato non
          sarebbero  state  altro  che  il  più  stantio  dei  luoghi  comuni.  Così  invece  «la

          ragione riconosce razionalmente ciò che va al di là della ragione».
          Questo è anche il centro di un importante saggio di Alvarez, che nota come
          «implacabilmente, le costanti della Ragione vengono affermate e poi distrutte
          esattamente  nel  linguaggio  in  cui  le  avrebbero  sostenute  i  filosofi.  La

          terminologia è razionale, la sua applicazione completamente anti-razionale».
          D’altra  parte,  l’uso  anti-razionale  della  ragione,  che  deve  condurre  fino  al
          riconoscimento  della  propria  insufficienza,  è  un  onorato  procedimento
          teologico.  Non  a  caso,  infatti,  la  poesia  fa  largo  uso  di  termini  scolastici  e

          trinitari, e di paradossi tipici della teologia negativa di discendenza plotiniana.
          Il che non significa affatto che la poesia sia “religiosa”: se fa uso di paradossi
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