Page 2964 - Shakespeare - Vol. 3
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ad Apemanto, che poche cose ama quanto
abborrire se stesso... persino lui
piega il ginocchio davanti a Timone
e si ritira in pace, arricchito
da un cenno del suo capo.
PITTORE
Li ho visti che parlavano.
POETA
Signore,
su un alto e grazioso monte ho immaginato
la Fortuna in trono. Alla base del monte
sono schierati tutti i gradi, tutte le nature
che faticano in grembo a questa sfera
per moltiplicare i propri beni.
In mezzo a loro, che su questa sovrana
fissano gli occhi, ne fingo uno
che ha i tratti di Timone, e che la Fortuna
con l’eburnea mano chiama a sé:
un invito grazioso che subito trasforma
in schiavi e servi i rivali di lui.
PITTORE
Concezione acuta. Questo trono,
questa Fortuna e questo monte,
con un uomo solo
scelto tra gli altri in basso, che curva
la testa sul ripido monte per scalare
la sua felicità, bene esprimerebbero
il nostro stato. 5
POETA
Sì, signore, ma ascoltate ancora:
tutti coloro che poco prima
gli erano pari e alcuni superiori,
subito seguono i suoi passi, affollano
le sue sale, fanno piovere nel suo orecchio