Page 2387 - Shakespeare - Vol. 3
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Datemi il manto, mettetemi la corona,
               ho in me aneliti di immortalità.
               Ora non più mi bagnerà il labbro
               il succo dell’uva d’Egitto. Svelta,

               svelta, Iras mia buona; fa’ presto:
               mi pare di udire Antonio che chiama.
               Lo vedo alzarsi per elogiare
               il mio nobile gesto. Lo sento deridere

               la fortuna di Cesare, che gli dei
               danno ai mortali per giustificare
               la loro collera futura. Marito,        131  vengo:
               che il mio coraggio mi dia titolo a quel nome!

               Sono fuoco e aria: gli altri elementi           132
               li lascio a una vita inferiore. Allora,
               avete finito? Venite dunque a cogliere
               l’ultimo calore dalle mie labbra.

               Addio, buona Carmiana, un lungo addio, Iras.
                                                                          (Le bacia. Iras cade e muore.)
               Ho l’aspide sulle labbra? Tu cadi?
               Se con tanta dolcezza puoi separarti

               dalla tua vita, il tocco della morte
               è come il pizzicotto d’un amante,
               che fa male, eppur lo si desidera.
               Giaci immobile? Se te ne vai così,

               dici al mondo che non merita un addio.



              CARMIANA
               Sciogliti in pioggia, densa nube,
               ch’io possa dire che piangono gli stessi dei!



              CLEOPATRA
               Questa morte mi dimostra vile: se lei
               incontra per prima il riccioluto Antonio,

               lui si rivolgerà a lei, spendendo
               quel bacio che per me è come il paradiso.
               Vieni, creatura letale, coi tuoi dentini aguzzi
                                                                 (A un aspide, che si applica al seno.)

               sciogli di colpo il nodo aggrovigliato          133
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