Page 2009 - Shakespeare - Vol. 2
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distruzione e morte. Orlando e Adam trovano che la foresta di Arden è un orribile deserto dove
rischiano di morire di fame, e Touchstone rimpiange le comodità della vita a casa sua. Jaques
prende in giro gli sciocchi che vi sono venuti lasciando agi e ricchezze, dacché ovunque nel mondo si
ripete la stessa commedia della vita, in sette atti o età di cui l’ultima fa rabbrividire. Nella foresta
dell’Arcadia c’è maltempo (per quanto, dicono i canti, è nulla rispetto al male che fa l’ingratitudine
umana), ci sono i dolori, i conflitti e i trucchi dell’uomo, c’è l’egoismo dei giovani e il destino della
vecchiaia abbandonata; e c’è soprattutto quella solitudine, quella tristezza che suona qui e lì nei
canti. L’atto secondo è fatto di queste contraddizioni: da un lato la vita dura e rassegnata di Corin e
dei pastori poveri come lui, il dolore e la morte delle bestie a cui Jaques è così sensibile, la sintesi
beckettiana che Jaques fa della vita in termini di teatro; dall’altro c’è la serenità e la pace lontano dai
luoghi del potere e della sopraffazione, il vagare senza cure della brigata del Duca tra conversazioni
e canti, l’illusione di vivere in modo più genuino e innocente. La scena finale (II, vii) mostra l’aspetto
migliore dell’Arcadia come luogo dei valori e dell’armonia. Il canto dolcissimo di Amiens la vince sulle
dure verità di Jaques e di Touchstone, il quale ultimo ha sfoderato nelle scene precedenti alcuni dei
migliori e canonici lazzi o gags della clownerie d’ogni tempo.
9 II, i, 2 L’“old custom” cui accenna il Duca non è, come dicono i commentatori inglesi, l’abitudine che
i nuovi arrivati hanno contratta nei boschi, o l’opinione degli antichi, ma proprio il modo tradizionale di
vivere in armonia con la Natura, il modo antico sul quale il Duca basa la sua profonda e conciliante
serenità. È “l’uso delle antiche genti”, delle genti dell’età dell’oro o dell’Utopia, nel quale vuol vivere il
primo coro pastorale dell’Aminta del Tasso (1575), libero dalla tirannia dell’onore, del pudore, della
morale e della bigotteria e peggio in cui vanno a finire a volte le umane religioni.
10 II, i, 13-14 Scrive John Lyly nell’Euphues che “l’orribile rospo porta in testa una pietra preziosa”.
Questa leggendaria pietra incastonata nel capo dell’animale era considerata un antidoto contro il suo
stesso veleno. E il Duca ne trae la sua bella morale sul valore della rinuncia.
11 II, i, 21 Nella sua serena sapienza che si può dire quasi “sapienza tragica” il Duca concilia i due
aspetti dell’Arcadia, accoglie alla maniera di Jung la propria “ombra”, e può quindi, con una parte di
rimorso, andare tranquillamente a caccia, a uccidere bestie innocenti. È la filosofia conscia o
inconscia dei cacciatori. Dal suo punto di vista, le denunzie “ecologiche” di Jaques sono
un’eccentricità.
12 II, iii, 42 “unregarded age in corners thrown”. Terribile e sempre attuale verso sul destino dei
vecchi. Con esso, diciamo, Adam confuta il sereno De Senectute del ricco e nobile Cicerone, e si
ricongiunge alla lucida constatazione di Jaques alla fine del famoso monologo sulle età dell’uomo (II,
vii, 164-167).
13 II, v, 51 e sgg. “ducdame”. I cacciatori di sensi riposti si sono scatenati su questa parola,
trovandovi più di cento significati in varie lingue. Parrebbe invece trattarsi di uno scherzo, uno
sberleffo di Jaques, che usa una parola senza senso per prendere in giro i cortigiani, che sono
anche oggetto della sua aggiunta burlesca alla canzone di Amiens. Al verso 57 “rail” è inveire, ma lo
si è tradotto “raglierò” che è certo nello spirito del personaggio.
14 ATTO III Nelle battute di Touchstone, e nella reazione delle due ragazze ai versi d’amore di
Orlando, suona naturalmente la critica ai motivi tradizionali della pastorale, e si ironizza sul famoso
episodio ariostesco dell’innamorato solitario. In uno spirito di gioco incomincia la cura “omeopatica”
che Rosalinda-Ganimede infligge a Orlando, con molte ambiguità anche sessuali, visto il suo
travestimento. Anche Touchstone si lascia contagiare, si direbbe, dagli influssi amorosi e sensuali
dell’atmosfera arcadica, con la sua ricerca della felicità in nome del principio del piacere. L’istanza
erotica la vince sull’istanza ascetica. E Rosalinda mascherata intraprende anche la cura di Silvio
amante bistrattato, e della presuntuosa Febe, finendo però per innamorarla di sé. È un atto
campito in una sfera senza tempo e senza intreccio esterno, tutto pervaso dal tema dell’amore e
del gioco.