Page 3029 - Shakespeare - Vol. 1
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Sono troppo ardito. Non è a me che parla.
 Due tra le stelle più luminose del cielo, dovendo assentarsi,
 supplicano i suoi occhi di voler brillare
 al loro posto sin che abbiano fatto ritorno.
 E se i suoi occhi fossero in quelle sfere,
 e le stelle sul suo volto? Le sue guance luminose
 farebbero allora vergognare quelle stelle,
 come il giorno fa impallidire la luce di una torcia.
 E i suoi occhi, in cielo, scorrerebbero nella regione dell’aria
 con un tale splendore che gli uccelli,
 credendo finita la notte, riprenderebbero a cantare.
 Guarda come appoggia la guancia alla sua mano:
 potessi essere io il guanto di quella mano,
 e poter così toccare quella guancia!

GIULIET T A

 Ahimè!

ROMEO

 Ma parla...
 Oh, dì ancora qualcosa, angelo splendente,
 così glorioso in questa notte, lassù, sopra la mia testa,
 come un messaggero alato del cielo quando abbaglia
 gli occhi stupiti dei mortali, che si piegano all’indietro
 per guardarlo varcare le nubi che si gonfiano pigre,
 e alzare le vele nel grembo dell’aria.

GIULIET T A

 Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? 34
 Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome,
 oppure, se non vuoi, giura che sei mio
 e smetterò io d’essere una Capuleti.

ROMEO

 Devo ascoltare ancora, o rispondere subito?

GIULIET T A

 È solo il tuo nome che m’è nemico, e tu sei te stesso
 anche senza chiamarti Montecchi. Cos’è Montecchi?
 Non è una mano, un piede, un braccio, un volto,
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