Page 2506 - Shakespeare - Vol. 1
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48 V, ii, 40 Elam (1948) interpreta che la lettera di Berowne sia scritta come una poesia figurata, in
    modo da presentare graficamente il ritratto di Rosalina. Del resto, a cominciare dal v. 30 le
    battute delle ragazze fanno spesso riferimento alle tecniche dell’arte molto diffusa della calligrafia:
    inchiostri, manuali di scrittura, pennellatura dei caratteri maiuscoli con vari colori. Al v. 44 «rossa
    domenicale» è la lettera S usata negli almanacchi per indicare il sabato, e «lettera indorata»
    quella usata per le domeniche e le feste. Al v. 45 Rosalina allude alle cicatrici lasciate dal vaiolo -
    allora malattia ben comune ed incubo delle donne - sul viso di Caterina, paragonandole alle
    maiuscole O dei manuali di bella scrittura. Non è questa l’unica volta in cui il testo dimostra
    com’eran diverse le regole del conversare beneducato nelle corti cinquecentesche, e come si
    potesse conversando argutamente dire con disinvoltura delle cose che ci paiono crude e brutali,
    oscene ed offensive.

49 V, ii, 57 La battuta di Maria è puro linguaggio gestuale: ella avvolge la collana di perle attorno alle
    mani come una catena che le imprigiona. E così viene inteso il verso fin dai commenti
    settecenteschi di Edward Capell.

50 V, ii, didascalia dopo il v. 157 Vari commenti inglesi fanno notare che «i mori» che
    accompagnano i Moscoviti non sono veri schiavi neri ma solo dei servi truccati da africani. La
    mascherata dei Moscoviti col suo esito catastrofico è la prima delle tre brillantissime scene di
    “teatro nel teatro” di questa commedia.

51 V, ii, 247 ‘Veal’, quoth the Dutchman . La battuta di Caterina a Longaville gioca sulla pronuncia
    olandese di well, che suona come veal, un termine che comunque significa ‘vitello’ non in inglese,
    dove indica la carne di vitello, ma nel francese veau. Ma quel veal è anche uno spelling
    elisabettiano per veil (‘velo’, ‘maschera’) e inoltre forma foneticamente la seconda metà del
    nome stesso di Longaville. L’arguzia di Caterina è decisamente ben complicata, e da qualche
    punto di vista può anche rasentare l’idiozia e la mancanza assoluta di garbo e di eleganza. Su
    questi casi spinosi i commenti inglesi tacciono unanimemente, e i traduttori italiani spesso cercano
    di “migliorare” il testo sostituendo all’idiozia mostrata spietatamente da Shakespeare, e quindi
    portatrice di un senso, la propria idiozia del tutto insensata.

52 V, ii, 269 O poverty in wit, kingly-poor flout! La frecciata della Principessa, che come fa notare il
    Kerrigan è anch’essa particolarmente astrusa nella sua arguzia, prendendo spunto dal king
    incluso nel Well-liking della precedente battuta di Rosalina, è diretta contro i navarresi, ma vuol
    essere anche una botta di sbieco a Rosalina, che mostrerebbe povertà di spirito nel formulare la
    sua pesante accusa contro il gruppo che include il Re. In realtà le ragazze francesi, che sono
    argutamente spietate contro la parte avversa, si becchettano anche continuamente tra di loro.

53 V, ii, 275 Berowne did swear himself out of all suit, che può voler dire: 1. le sue imprecazioni lo
    facevano venir fuori da ogni mascheratura, cioè da ogni parte; 2. Berowne imprecava tanto da
    squalificarsi del tutto come corteggiatore; 3. bestemmiava al di là di ogni ragionevolezza; 4.
    restava senza vestiti, se stesso nudo e crudo.

54 V, ii, 394 È il momento, per Berowne e per gli altri navarresi scornati e umiliati dalle loro belle, di
    accettare la sconfitta e riconoscere i propri torti nel corteggiare con l’inganno del comportamento
    e della retorica. In una sorta di sonetto caudato, Berowne riconosce anzitutto di esser punito
    dalla giustizia divina per il suo originario spergiuro; esorta Rosalina ad umiliarlo ancora con la sua
    arguzia vincente; promette che mai più ricorrerà ai trucchi del corteggiamento di moda, e
    soprattutto s’impegna a non usare mai più la retorica raffinata, pedantesca, affettata ed
    iperbolica del linguaggio di corte. Egli lo abiura e vota di attenersi d’ora in poi a un linguaggio
    semplice e rude, genuinamente inglese - anche se la malattia linguistico-etica è troppo radicata
    in lui da permettergli di evitare qualche ricaduta nell’antico vizio dei francesismi di moda. In
    quanto al suo eccesso d’arguzia, vedremo che egli avrà bisogno, come tutti gli altri - almeno
    così decideranno le loro severe belle - di una cura più lunga e sostanziosa.

55 V, ii, didascalia dopo il v. 519 Enter Armado. S’è iniziata la recita dei Nove Magni, la seconda delle
    scene di “teatro nel teatro”, o intrattenimenti che riproducono la maniera della commedia
    dell’arte, e che sono, dice lo Elam, strutture adeguate a favorire il gioco del linguaggio (frames
    for verbal games). Melacotta saprà interpretare Pompeo in modo esilarante e con successo. I
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