Page 2505 - Shakespeare - Vol. 1
P. 2505

Picasso, disegnando con pochi tratti chiari su carta nera un viso che c’è e non c’è, di saggio e
    insieme di matto.
    Nella scena intervengono quasi tutti i personaggi dell’arcadico Parco navarrino, e dopo un primo
    episodio plurilinguistico e di linguistica farsa, che già il Charlton definiva un intrattenimento da circo
    o da rivista, vi si concepisce lo spettacolo da offrire, per desiderio del Re, alla Principessa di
    Francia. Soprattutto nella prima parte della scena, il language game è talmente legato alla
    natura, alla fonetica, al dibattito contemporaneo sulla riforma dell’ortografia della lingua inglese,
    da essere intraducibile, e qui si è tentato di darne un’idea cercando equivalenze nel sistema
    italiano, che rispettino le esigenze della comprensibilità e della recitabilità del testo. Impresa
    difficilissima.

41 V, i, 1 Satis quod sufficit. Oloferne commenta il desinare offerto a lui stesso ed al curato
    affermando che ci si deve limitare al cibo che serve alle esigenze del corpo. Al v. 6 this quondam
    day sembrerebbe un modo affettato per dire ‘ieri’.

42 V, i, 35-36 Il commento di Bruscolino è la fonte della definizione che K. Elam darà (1984) delle
    commedie shakespeariane come «feste del linguaggio».

43 V, i, 44 the horn-book. Era l’abbecedario usato dai ragazzi elisabettiani, e consisteva in una
    tavoletta di legno col manico, con un foglio sopra che conteneva l’alfabeto e altre nozioni
    elementari, ed era ricoperto da una lamina trasparente di corno: perciò lo si indicava come il libro
    di corno.

44 V, i, 108-109 the Nine Worthies. I Nove Uomini Degni, o Eroi di grande rinomanza nei tempi
    antichi, apparivano spesso nelle mascherate e in altri spettacoli popolari. Erano di solito tre gentili,
    tre giudei e tre cristiani, e precisamente una terna di pagani virtuosi, Ettore di Troia, Alessandro
    Magno e Giulio Cesare; una terna di eroi dell’Antico Testamento, Giosuè, Davide e Giuda
    Maccabeo; e tre guerrieri cristiani che di solito erano Artù, Carlo Magno e Goffredo di Buglione.
    L’inclusione di Ercole e Pompeo è invece un’innovazione di Oloferne, la cui distribuzione dei ruoli
    non verrà comunque seguita.

45 V, ii Si è detto che essa è il risultato di una divisione artificiosa ed esteriore, e che copre quasi un
    terzo dell’azione della commedia. La quale a questo punto è tutta mossa dal desiderio del primo
    gruppo di giovani di congiungersi amorosamente col secondo gruppo di ragazze, provando prima
    a corteggiarle sfruttando a tale scopo una mascherata (quella dei Moscoviti) e poi direttamente
    ma con uguale smacco, perché le ragazze francesi non credono né alla serietà dei loro propositi
    né alla loro retorica convenzionale. Questi insuccessi e la conseguente seconda abiura di
    Berowne e compagni alla retorica cortese, sconfitta dall’arguzia delle dame di Francia, formano il
    primo lungo movimento della scena (circa 500 righi). Il secondo movimento s’incentra
    sull’intrattenimento dei «Nove Uomini Magni» fornito dal terzo gruppo con goffa e ampollosa
    retorica, e fin troppo ferocemente schernito e fatto fallire dal primo gruppo, mentre la
    Principessa si mostra più gentile, umana e comprensiva verso gli sforzi di quegli umili per
    divertirla, e disposta a perdonare la loro retorica d’accatto. Questo tempo viene interrotto
    dall’annuncio della morte del re di Francia (al rigo 713) che avvia l’esodo della pièce col suo cupo
    memento. Nell’ultima parte, contrariamente alle convenzioni della commedia, i tre gruppi di
    personaggi si separano (con ciascuna delle donne che assegna al suo uomo una prova d’amore
    di un anno), e l’originale contrasto poetico tra il cuculo e il gufo, che di contro alle varie retoriche
    della trama fa risuonare il motivo del linguaggio umile e semplice della vita agreste e quotidiana, è
    la cadenza che chiude il contrappunto verbale del testo.

46 V, ii, 3 A lady walled about with diamonds. Si tratta di un pendant o di una spilla di moda, con
    una damina inclusa in un contorno di diamanti.

47 V, ii, 25 a light wench. I giochi di parole che abbondano in questa scena di chiacchiericcio tra
    damigelle spiritose sono una vera disperazione per il traduttore, alla ricerca continua di improbabili
    equivalenti in altre lingue. Qui si gioca sull’omofonia di light (‘luce’) e light (‘leggero’) e sulla
    opposizione di light e dark; più sotto sui significati di favour ‘regalo’ e favour ‘aspetto’ o ‘volto’, e
    al verso 33 Rosalina indica la propria faccia dicendo Be witness this, cioè ‘Ne sia prova il mio
    viso’.
   2500   2501   2502   2503   2504   2505   2506   2507   2508   2509   2510