Page 2001 - Shakespeare - Vol. 1
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sangue soprattutto di figli, cui fa riscontro il dolore e l’urlo dei genitori. Per
rilievi critici più puntuali si rimanda alle Note.
È una forma di tragico, quindi, che recupera antiche evidenze simboliche, e
che, nello stesso tempo, tende a misurare l’azione in chiave catastrofica,
sul fondo dell’immenso palcoscenico cosmico in cui è inscritta e da cui è
generata la storia violenta degli uomini. A ben guardare, si tratta della
stessa linea, certo qui più elementare e grezza, che seguirà la tragedia di
Lear: anch’essa vicenda di rapporti innanzitutto familiari, cifrati su un
universo simbolico dai tratti apocalittici.
Il rapporto parentale, affrontato in maniera così radicale, estrema, in Tito
Andronico, rimarrà d’altronde una delle grandi costanti della
immaginazione, specialmente tragica, di Shakespeare, da Amleto a Re
Lear, e poi anche della sua immaginazione «romanzesca», dal Pericle fino
a l l a Tempesta. Ma non è solo questo rapporto parentale a presentarsi
come acutamente germinale per la produzione successiva. Anche una certa
delineazione dei personaggi - l’eroico ma altero, l’appassionato ma anche
spietatamente egocentrico Tito, o il malvagio ma seducente Aaron - avrà
peso e troverà nuova funzionalità nelle opere mature del drammaturgo.
Proviamo a fare un rapido spoglio di certi tratti di carattere e di certe
situazioni che torneranno in seguito. Tito è certamente il personaggio più
interessante anche da questo punto di vista: anticipa Otello nel suo essere
eroico generale sul campo e ingenuo politico nei rapporti civili, ha la
superbia di Coriolano, e mostra, all’inizio, la stessa cieca inflessibilità di
Lear contro i suoi stessi figli, e poi, ancora come Lear, diventa folle su piani
iperbolici e trova un qualche conforto solo nel rapporto privilegiato con la
figlia. Aaron anticipa tutti i villains successivi, ma in particolare, per alcuni
aspetti di giocoso cinismo e costante manipolazione degli altri, prefigura
Riccardo di Gloucester e Iago. Lucio, nell’allontanarsi dalla sua Roma per
tornarvi alla testa dei Goti, anticipa l’analoga operazione fatta con i Volsci
da Coriolano. Quanto agli atteggiamenti ed ai rapporti, la follia vera-finta
di Tito preannuncia il comportamento di Amleto, così come la paura e gli
stratagemmi dell’imperatore Saturnino di fronte a tale follia (si veda in
particolare IV, 4) anticipano la paura e le contromosse del re Claudio nel IV
atto dello stesso Amleto. Infine come già accennato, il rapporto tra Tito e
Lavinia, particolarmente nella conclusione di III, 2, appare molto simile a
quello tra Lear e Cordelia in Re Lear, V, 3.
In quest’opera giovanile, dunque, Shakespeare aveva già trovato vari
elementi drammaturgici che l’avrebbero impegnato a fondo in seguito. Ma
ciò non deve voler dire che questa tragedia vada letta esclusivamente
come un repertorio di appunti e spunti, in parte ancora rozzi, per i
capolavori futuri. Pur nei suoi indubbi limiti, essa ha una piena e autonoma
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