Page 299 - Giorgio Vasari
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ciglia, ne gl'occhi, nel naso e nella bocca di chi piagne, non guasta
               però né altera una certa bellezza, che suole molto patire nel pianto
               quando altri non sa bene valersi dei buon modi nell'arte. Ma non è
               gran  fatto  che  Giottino  conducesse  questa  tavola  con  tanti
               avertimenti, essendo stato nelle sue fatiche desideroso sempre più di

               fama e di gloria che d'altro premio o ingordigia del guadagno, che fa
               meno  diligenti  e  buoni  i  maestri  del  tempo  nostro.  E  come  non
               proccacciò costui d'avere gran richezze, così non andò anche molto

               dietro  ai  commodi  della  vita;  anzi,  vivendo  poveramente,  cercò  di
               sodisfar più altri che se stesso perché, governandosi male e durando
               fatica, si morì di tisico d'età d'anni XXXII; e da' parenti ebbe sepoltura
               fuor di S. Maria Novella alla porta del Martello allato al sepolcro di
               Bontura.

               Furono  discepoli  di  Giottino,  il  quale  lasciò  più  fama  che  facultà,

               Giovanni Tossicani d'Arezzo, Michelino, Giovanni dal Ponte e Lippo, i
               quali  furono  assai  ragionevoli  maestri  di  quest'arte,  ma  più  di  tutti
               Giovanni  Tossicani,  il  quale  fece,  dopo  Tommaso,  di  quella  stessa
               maniera di lui molte opere per tutta Toscana, e particolarmente nella

               Pieve d'Arezzo la capella di S. Maria Madalena de' Tuccerelli, e nella
               Pieve del castel d'Empoli in un pilastro un S. Iacopo; nel Duomo di
               Pisa  ancora  lavorò  alcune  tavole  che  poi  sono  state  levate  per  dar
               luogo alle moderne. L'ultima opera che costui fece fu, in una capella

               del Vescovado d'Arezzo, per la contessa Giovanna moglie di Tarlato
               da  Pietramala,  una  Nunziata  bellissima  e  S.  Iacopo  e  S.  Filippo;  la
               qual'opera, per essere la parte di dietro del muro volta a tramontana,
               era  poco  meno  che  guasta  affatto  dall'umidità  quando  rifece  la

               Nunziata  maestro  Agnolo  di  Lorenzo  d'Arezzo,  e  poco  poi  Giorgio
               Vasari,  ancora  giovanetto,  i  santi  Iacopo  e  Filippo,  con  suo
               grand'utile, avendo molto imparato, allora che non aveva commodo
               d'altri maestri, in considerare il modo di fare di Giovanni e l'ombre et i

               colori di quell'opera così guasta com'era. In questa capella si leggono
               ancora, in memoria della contessa che la fece fare e dipignere, in uno
               epitaffio  di  marmo  queste  parole:  "Anno  Domini  1335.  De  mense
               Augusti,  hanc  capellam  constitui  fecit  Nobilis  Domina  Comitissa

               Ioanna  de  Sancta  Flora,  uxor  Nobilis  Militis  Domini  Tarlati  de  Petra
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